«Vogliamo le armi», Hit 2018 la fiera di Vicenza
VICENZA. Sarà «ideologico» (come rimprovera l’addetto stampa al manifesto), tuttavia i bambini che impugnano le pistole in vetrina o i ragazzini abituati ai videogames che imbracciano un vero fucile non sono certo immagini edificanti. Anzi. Dimostrano l’ipocrisia degli amministratori pubblici, che da «buoni padri di famiglia» – per di più del Partito democratico – privilegiano il flusso di denaro sul richiamo morale, perfino della fede cattolica.
LA FIERA DI VICENZA ospita fino a domani Hit Show (Hunting, Individual Protection and Target Sports), la rassegna europea di armi di ogni genere. Non è il salone dell’industria bellica, ma Matteo Marzotto (vice presidente esecutivo di Ieg, la società che gestisce le esposizioni a Rimini e Vicenza) ammicca sorridente: «Dal 2014 mi considero un po’ il papà di Hit. Un business serio, non il mondo dei guerrafondai. L’arma è un prodotto come un altro: anche deterrente, ma strumento di svago e divertimento. Industria eccellente, come dimostrano le cifre economiche. Allora perché insistere con il termine detenzione di armi. Non è molto meglio… possesso».
COME MARZOTTO, il sindaco Achille Variati non sembra farsi troppi scrupoli. L’erede di Mariano Rumor è alla fine del decennale mandato, marchiato a fuoco dalla super base Usa Dal Molin e dallo scandalo della Banca Popolare. Il consiglio comunale di Vicenza nella mozione approvata all’unanimità il 21 settembre aveva sollecitato che almeno ai minori fosse impedito di maneggiare le armi esposte. Niente da fare, come si nota fra gli stand. Del resto, a Rimini non è andata meglio: le dichiarazioni di Andrea Gnassi, il sindaco, sono rimaste lettera morta.
E il presidente Lorenzo Cagnoni, storico esponente della Quercia romagnola, è concentrato sui bilanci della Ieg che stacca biglietti ridotti a 12 euro per i baby visitatori di Hit 2018 con più di sette anni d’età.
DAVANTI AGLI INGRESSI 3 e 4 di via dell’Oreficeria già prima delle 9 si assiepa un piccolo esercito dotato di borsa gialla («Difendiamo le nostre tradizioni») offerta dai cacciatori della Confavi. I metal detector e le guardie giurate si rivelano un «tappo» micidiale: «Chiavi, cellulare, cintura come in aeroporto. Poi dentro sono esposti coltelli con la lama lunga così…» si sbotta in coda. ù
Il grande padiglione, curato in ogni dettaglio, viene subito invaso dal popolo che spara: uomini che cercano l’ultima novità, giovani pronti a cimentarsi con piattelli virtuali, perfino qualche bambino con la mimetica uguale a papà.
VICENZA CELEBRA IL TRIONFO della sicurezza nella fondina, del colpo in canna, del West post-moderno e del «divertente» shotgun («gioco« al bersaglio mobile). Espositori griffati dalla storia secolare, modelle superdotate, artigiani che personalizzano accessori, specialisti della caccia e federazioni sportive con Jessica Rossi (medaglia d’oro nel trap alle Olimpiadi di Londra) nel ruolo di testimonial. Al bar si ritrovano i gruppi partiti all’alba soprattutto da Emilia, Lombardia o Toscana.
LA VETRINA DI HIT 2018 accarezza il pelo sullo stomaco di vecchi e nuovi appassionati di armi. Con un occhio di riguardo allo stile: asettico e professionale, come se l’estetica del grilletto fosse identica ai gioielli d’oreficeria. E i falconieri assicurano quel tocco naturale di fascino all’idea della caccia, quanto i 1.500 cani di razze da sempre addestrate a puntare e riportare la preda.
Se proprio di «ideologia» bisogna parlare, a Vicenza in questi giorni si sta perfezionando l’operazione denunciata da Piergiulio Biatta, presidente dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa di Brescia. In piena campagna elettorale, sono mobilitati i comitati che puntano a dar vita alla lobby di armi & sicurezza clonando in Italia la National Rifle Association americana.
«SONO PROPRIO questi comitati ad avere il diretto sostegno di Anpam che è uno dei promotori di Hit Show. Anzi, di più: Anpam, Assoarmieri e Conarmi, l’intero comparto produttivo (Beretta, Fiocchi, Tanfoglio eccetera) e distributivo armiero italiano, sostiene la campagna di tesseramento a questi comitati. Un’operazione ideologico-culturale che non ha niente a che fare con una fiera merceologica. La differenza con la Iwa di Norimberga, con cui Hit Show intende competere in Europa, è sostanziale: in Germania possono entrare solo gli operatori del settore, non il pubblico in generale e nemmeno i cacciatori. Ma soprattutto vige il divieto assoluto d’ingresso ai minori».
C’è poi il «giallo» del censimento reale delle armi detenute in Italia. Evidenzia Giorgio Beretta, analista di Opal: «Sono dati statistici che restano un mistero. Forse perché rivelerebbero il costante decremento delle vendite di fucili da caccia a favore di pistole, carabine, fucili semi-automatici e a pompa altamente letali non tanto per scopi sportivi, ma per eventuale utilizzo difensivo?».
DA VICENZA, INSOMMA, si staglia il profilo dell’Italia in armi. Quella che sbandiera sicurezza, tricolore e difesa personale. Pronta al salto definitivo: non più licenze di caccia o porto d’armi, ma puro e semplice «diritto a sparare». Nessuno a Hit 2018 ha voglia di discutere la morìa di doppiette venatorie o sportive. Pochi conoscono a menadito la procedura amministrativa di questure e prefetture. Tutti sembrano già pronti a entrare in una delle 1.200 armerie italiane come a Columbine in Colorado o a Sandy Hook nel Connecticut…
FONTE: Ernesto Milanesi, IL MANIFESTO
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