by Massimo Franchi | 10 Febbraio 2018 10:54
Nove anni di attesa per avere un nuovo contratto. Nove anni nei quali i tagli della Gelmini e poi la BuonaScuola renziana hanno ridotto gli insegnanti italiani in poveri lavoratori in balia dei dirigenti trascinando il loro ruolo e riconoscimento sociale sempre più in basso. Quello firmato ieri mattina alle 7 e 15 dopo una improvvisa accelerazione non è, né poteva essere risolutivo di tutti i problemi trascinatisi in un decennio. La mancata firma di Snals e Gilda e i molti mal di pancia all’interno dei confederali delineano però il concreto rischio di essere arrivati ad «un contratto elettorale».
IN REALTÀ POCHI MINUTI DOPO la firma con l’Aran dell’accordo che, oltre alla scuola, ridà un contratto a 1,2 milioni di lavoratori nelle università e nella ricerca Cgil, Cisl e Uil avevano fatto uscire una nota trionfale in cui si parlava di «svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali, riportando alla contrattazione materie importanti come la formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale», con il segretario generale della Flc Cgil Francesco Sinopoli sottolineava «il depotenziamento dei dirigenti scolastici».
MA È SULL’ASPETTO RETRIBUTIVO che i toni erano già più bassi: «Gli aumenti sono in linea con quanto stabilito dalle confederazioni con l’accordo del 30 novembre 2016, per la scuola da un minimo di 80,40 a un massimo di 110,70 euro – scrivono i sindacalisti -. Pienamente salvaguardato per le fasce retributive più basse il bonus fiscale di 80 euro. Nessun aumento di carichi e orari di lavoro, nessun arretramento per quanto riguarda le tutele e i diritti nella parte normativa, nella quale, al contrario, si introducono nuove opportunità di accedere a permessi retribuiti per motivi personali e familiari o previsti da particolari disposizioni di legge».
LE PIÙ CONTENTE SONO le ministre – e candidate Pd -: Marianna Madia, che parla di contratto «giusto e doveroso» e la titolare di viale Trastevere Valeria Fedeli, che ricorda come «avevamo preso un impegno preciso, lo abbiamo mantenuto, riuscendo a garantire aumenti superiori a quelli previsti». Il riferimento è ai 200 milioni destinati alla valorizzazione del merito: 70 milioni sono stati destinati a questo scopo (diventeranno 40 a regime).
A DICEMBRE PERÒ le stesse Flc Cgil, Cisl Fsur e Uil Rua a dicembre avevano richiesto risorse aggiuntive in legge di bilancio per andare oltre all’accordo del novembre 2016. Proprio su questo tema battono i tanti sindacati che non hanno sottoscritto l’accordo. Gilda ritiene i miglioramenti retributivi ottenuti «irrisori» perché «lordi», mentre lo Snals (che fino a ieri era coi confederali) sottolinea anche altri aspetti negativi sulla scuola: «la scarsa considerazione degli organi collegiali, in particolare il collegio dei docenti che non delibera più il Piano di offerta formativa (Ptof); la permanenza obbligata nella stessa sede per un triennio che determina la possibilità di trasferimento solo triennale».
ANCOR PIÙ DURO Piero Bernocchi, storico portavoce dei Cobas che parla di «miserabile contratto elettorale» e «ignobile mancetta economica che dimostra l’assoluto disprezzo per docenti ed Ata (il personale tecnico amministrativo, ndr), ritenuti così sottomessi da dover ringraziare persino per un aumento medio netto mensile di 50 euro, dopo che in dieci anni di blocco contrattuale la categoria ha perso almeno il 20 per cento del salario». Bernocchi e l’Usb chiamano anche Snals e Gilda allo sciopero già fissato per venerdì 23 febbraio.
FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2018/02/96861/
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