by Michele Farina | 15 Gennaio 2018 12:53
È durata una settimana l’uguaglianza nei bar dello Sri Lanka. Pochi giorni fa, il governo aveva cancellato una legge che da 60 anni proibiva alle donne di comperare alcolici e di lavorare (senza permesso) nei locali di produzione e vendita. Ma la norma (già spesso disattesa nella realtà) è stata ripristinata dal presidente della Repubblica Maithripala Sirisena, che orgogliosamente ne ha dato annuncio ieri durante un comizio. Non sia mai detto che una ragazza sopra i 18 anni possa ordinarsi una birra, nel Paese che pure fu il primo al mondo a farsi guidare da una leader donna nel 1960. Il voltafaccia viene attribuito, da fonti della Bbc , alle pressioni della gerarchia buddhista, secondo cui la libertà (solo femminile) di comperare alcol minerebbe la tenuta della famiglia. Ma non risulta che ci sia un’emergenza sociale: nello Sri Lanka (21 milioni di abitanti), secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’80% delle donne non ha mai bevuto un goccio (contro il 57% degli uomini). Meno dello 0,1% del pubblico femminile è affetto da alcolismo (contro lo 0,8% dei maschi). In tale contesto, la cancellazione della legge discriminatoria del 1955 doveva rappresentare un passo avanti scontato, l’eliminazione di un ridicolo e quasi dimenticato anacronismo, insomma quasi una «non notizia». Invece la sua reintroduzione, in pompa magna e in fretta e furia, finisce per essere un segnale che va oltre la porta dei bar e il «non problema» dell’alcol. Sirisena si vanta di aver incoraggiato le donne dello Sri Lanka a essere più attive in politica? Ma il tema dell’uguaglianza si gioca di più nella vita di tutti i giorni, dall’ambiente domestico e di lavoro. E sul terreno scivoloso, ma ineludibile, del diritto. Con quel dietrofront, ogni disuguaglianza di genere nello Sri Lanka (e di riflesso in altre parti dell’Asia) esce rafforzata per legge. Le donne che chiedono parità a tutto campo verranno più facilmente zittite, se neanche al tavolino di un bar possono sentirsi «alla pari» degli uomini.
FONTE: Michele Farina, CORRIERE DELLA SERA[1]
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