Almeno 21 morti e mille fermati in Iran. Anche Ahmadinejad agli arresti?
Almeno 21 morti e mille arresti: è il bilancio delle proteste iniziate il 28 dicembre in Iran e represse dalle autorità. In carcere ci sono una novantina di studenti: diversi spariti senza conferme ufficiali; una quarantina sono stati identificati, sarebbero rinchiusi nel settore 209 della prigione di Evin controllato dal ministero dell’Intelligence. I loro cari hanno indetto un sit-in davanti al carcere. «Ci hanno detto che se non ce ne andiamo ci arrestano — ha raccontato Shokoufeh Yadollahi, madre dello studente Kasra Nouri—. Abbiamo risposto che siamo pronti ad unirci ai nostri figli in prigione. Sono in sciopero della fame, non ce ne andremo finché non ci danno notizie». In manette sono finiti centinaia di manifestanti (i Guardiani della Rivoluzione hanno postato su siti come Gerdab.ir foto scattate durante le proteste, chiedendo alla gente di identificare i partecipanti), ma anche giovani come Nouri (e quattro colleghi che appartengono ad una setta sufi considerata eretica) che non erano in piazza. Un deputato, Farid Mousavi, ha detto che alcuni arresti sono una «misura preventiva». Le autorità temevano probabilmente che i moti partiti dai ceti più poveri crescessero con l’appoggio del movimento studentesco.
Il regime ha accusato i nemici «esterni» come Stati Uniti, Arabia Saudita, i Mujaheddeen del Popolo e i monarchici. Ma molti pensano che all’inizio, nello scatenare la piazza abbiano avuto un ruolo le faide interne al regime: i conservatori ostili al governo moderato avrebbero alimentato gli slogan di «Morte a Rouhani», perdendo però il controllo perché la gente ha iniziato a inveire contro la Guida Suprema e gli interventi militari all’estero dei Guardiani della Rivoluzione. Secondo il sito arabo «Al-Quds Al-Arabi», l’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad sarebbe finito agli arresti domiciliari per istigazione delle proteste, per aver dichiarato il 28 dicembre che «alcuni dei leader vivono distaccati dai problemi della gente e non sanno nulla della società».
Il capo dei Guardiani, il generale Jafari, senza nominare Ahmadinejad, sembrò suggerire un suo possibile coinvolgimento giorni fa: «Un ex responsabile che sta diventando un oppositore del regime ha avuto un ruolo all’inizio di queste manifestazioni. I servizi di sicurezza stanno indagando e, nel caso sia vero, interverranno». Ahmadinejad, famoso per i sussidi con cui conquistò i voti dei poveri ma poi caduto in disgrazia per le rivelazioni sulla corruzione del suo governo, è da tempo in contrasto con l’establishment (di recente i suoi sostenitori hanno dichiarato guerra al potente capo della magistratura Sadegh Larijani, accusandolo di avere conti miliardari all’estero). Ma nessuno dei siti di opposizione persiani, nemmeno Bbc Farsi , riporta la notizia del presunto arresto, facendo pensare che sia falsa. Su Telegram, il canale Dolatebahar vicino ad Ahmadinejad ha pubblicato ieri una sua foto a Teheran, forse per smentire quelle voci. Un altro conservatore, l’ayatollah Ahmad Alamolhoda, ostile a Rouhani e alleato della Guida Suprema a Mashad, la città dove sono iniziate le proteste, invece, sarebbe stato convocato per spiegare il suo ruolo.
FONTE: Viviana Mazza, CORRIERE DELLA SERA
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