La campagna elettorale e il diritto allo studio: è scontro sulle tasse universitarie
Il taglio costerebbe 1,7 miliardi di euro. E si parla anche di rifinanziare gli atenei e il diritto allo studio
«Demagogica», «sbagliata», addirittura «trumpiana». È stata così definita la proposta formulata domenica da Pietro Grasso (Liberi e uguali) sulla cancellazione delle tasse universitarie. Il fuoco di fila è del Partito Democratico in tutte le sue articolazioni renziane. Segno che la proposta ha colto nel segno.
UNA PROPOSTA non nuova a sinistra. È presente anche nel programma di «Potere al Popolo» (punto 7) collegata a riforma fortemente progressiva della fiscalità generale. Sui social network si sono tuttavia moltiplicati gli interventi da sinistra contro la proposta di Grasso. Il taglio delle tasse per 1,7 miliardi di euro (circa uno se riservato agli atenei pubblici) può privilegiare i «ricchi», moltiplicando le diseguaglianze che invece vanno ridotte. Dall’altra parte si sostiene che l’istruzione rientra nei diritti universali, non è solo un «servizio». In quanto diritti, scuola e università devono essere gratuiti e pagati con una fiscalità generale resa molto più equa: bisogna far pagare molto chi possiede molto, poco o niente a chi ha poco o niente. In tempi di «flat tax» e di cancellazione dell’Imu sulla prima casa sembrano concetti marziani.
IL LOQUACE ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha sostenuto che la proposta di Grasso è come il «Tax Bill» fatto approvare da Trump negli Stati Uniti: «È un supporto alla parte più ricca del paese – ha detto – È costruita in modo erroneo. Oggi di fatto sono esentati gli studenti con redditi bassi». A questo punto la polemica si è infiammata e ha portato Pierluigi Bersani a difendere le ragioni della «ditta»: «Vorrei dire al ministro Calenda di avere un po’ di umiltà in più: non è una proposta alla Trump, è una proposta alla tedesca». In Germania (decidono i Länder), in Austria, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria e in Grecia» l’istruzione universitaria è gratuita. Roberto Speranza (LeU), ha ricordato un altro aspetto del problema: l’abolizione delle tasse – magari con un rifinanziamento di scuola e università, oltre che del diritto allo studio – permetterebbe di aumentare le immatricolazioni e i laureati. «Con il 15,7 per cento, di fronte ad una media Ue del 27,3, l’Italia è sotto di dodici punti alla media europea per numero di laureati». «Probabilmente Calenda ha confuso Trump con Corbyn – ha detto Elisa Simoni ( LeU) – i soldi necessari verranno dalla riduzione degli sprechi per i sussidi dannosi all’ambiente. Mi auguro che Calenda non sia a favore di questo spreco».
RENZI ha guidato la carica per il Pd: «Favore per ricchi e fuoricorso. Una norma scritta da Grasso ma pensata per Di Maio. Chi è più ricco deve pagare di più». Per il ministro dell’economia Padoan il «problema dell’università è più vasto delle tasse. Bisogna migliorare le strutture di ricerca e sostentare i docenti». Peccato che lo abbia precisato alla fine della legislatura.
«Alla faccia di Robin Hood, proposta demagogica» ha detto la mente economica del renzismo, Tommaso Nannicini: «Una misura che ruba ai poveri». Il fuoco di fila è continuata con Manuela Ghizzoni (Pd) rivendica lo «Student Act» approvato nella legge di bilancio 2017 – gli anglicismi sono la dannazione degli ultimi anni – che ha istituito una «no tax area» per chi ha un reddito familiare Isee fino a 13 mila euro e tasse calmierate fino a 30 mila euro. Sarebbero esenti dalle tasse 600 mila studenti, 15 mila in più dell’anno scorso. Segno che la gratuità dell’istruzione funziona.
Sono arrivate critiche da «Insieme», lista alleata con il Pd alle elezioni del 4 marzo. La proposta Grasso «non è equa, nè contestualizzata. Propone di tagliare le tasse anche a chi può ampiamente permettersele e ridurrebbe le già basse risorse destinate all’istruzione e alla ricerca» ha detto Giulio Santagata.
ANCHE I RETTORI sono intervenuti. «Le priorità sono investire sui giovani delle famiglie a basso reddito per favorirne l’accesso all’università e sui giovani ricercatori – ha detto Gaetano Manfredi, rettore della Federico Ii e presidente della Crui – Poi se avessero 10 miliardi di euro da investire si potrebbero anche cancellare le tasse universitarie».
FONTE: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO
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