Divorzio Trump-Bannon, ora l’ultradestra con chi andrà?

by Marina Catucci | 5 Gennaio 2018 18:29

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Stati uniti. Avvocati al lavoro mentre continuano i veleni

Gli estratti del libro del giornalista e scrittore Michael Wolff su la Casa bianca di Trump che riguardano l’ideologo dell’ultra destra Steve Bannon, hanno suscitato un vero e proprio vespaio, e The Donald, dopo aver dichiarato che quello che era il suo guru, era invece solo una formale conoscenza, ha affermato che Bannon «dopo aver perso il lavoro ha perso anche la testa».

Ma non poteva risolversi tutto in un superficiale scambio di battute acide, e di fatti poche ore dopo la Casa Bianca ha chiesto all’avvocato Charles Harder di inviare una diffida all’ex consigliere Bannon, in quanto ha «ha rotto l’accordo di riservatezza nei confronti del signor Trump e della sua famiglia» e ha fatto commenti «chiaramente diffamatori».

A Wolff, poi, il team di avvocati di Trump hanno chiesto di bloccare la pubblicazione del libro, che probabilmente diverrà il best seller dell’anno.

«Il presidente è un grande uomo. Sapete che lo sostengo giorno dopo giorno», è stato il serafico commento di Bannon, che non ha fatto cenno alle richieste legali che gli sono pervenute.

Bisogna ora vedere cosa farà la base di Trump, che è anche la base di Bannon, come ha sintetizzato in un tweet l’attrice Patricia Arquette: «Nel divorzio Bannon-Trump, chi è che terrà i nazi?».

La solida base sinceramente di estrema destra di Trump forma la propria visione del mondo su Breitbart, il portale di notizie diretto da Bannon, che anche attraverso di esso ha organizzato una vera base di supporter per il presidente.

Quella parte di America che ha votato Trump perché vittima dell’insicurezza economica, quella classe media impoverita, come ha votato per Trump, potrebbe votare anche per qualcun altro abbastanza intelligente da rivolgersi concretamente a loro; diverso il discorso ideologicamente razzista che deve ora decidere se Trump lo è ancora abbastanza o se si è venduto al potere di Washington, e cosa questa base penserà dipende anche da Bannon.

Non è stata quella degli avvocati di Trump l’unica mossa legale avvenuta nelle stesse ore, anche l’ex capo della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, arrestato nel Russiagate per evasione e riciclaggio di danaro sporco, ha avviato una causa, questa volta contro il dipartimento di giustizia, il procuratore speciale Robert Mueller e il vice attorney generale Rod Rosenstein, incaricato dallo stesso Mueller.

Per Manafort il procuratore Mueller, cosí come Rosenstein, sarebbero andati oltre i loro poteri durante le indagini, non limitandosi al solo Russiagate, ma immischiandosi in affari che non riguardano direttamente il tema della interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane del 2016.
Il dipartimento di giustizia non si è scomposto ed ha definito la causa «frivola», e che Manafort ha il diritto di intentare tutte le cause che vuole.

La motivazione della mossa legale di Manafort ha fatto eco a una dichiarazione analoga proveniente proprio da Trump che pochi giorni fa ha affermato che Mueller non deve occuparsi degli affari economici della sua famiglia, ma restare aderente al Russiagate. Il problema è che i due piani spesso si intersecano.

The Donald era noto fin dal 1977 al Kgb sovietico, per via del matrimonio con la modella cecoslovacca Ivana, e l’interesse nei suoi riguardi era cresciuto quando Putin era andato a dirigere i servizi segreti Fsb, ed i rapporti economici del costruttore Trump con la Russia risalgono a ben prima le elezioni del 2016.

E qui torna di nuovo in campo Bannon, che nelle sue dichiarazioni a Wolff ha affermato che secondo lui ad incastrare Trump e il suo entourage sarà il riciclaggio di danaro sporco, visto anche che questa è la specializzazione della maggior parte dei consulenti scelti da Mueller.

Ora è ancora presto per tirare le somme, di sicuro Trump, probabilmente per inesperienza, ha sottovalutato l’indagine di Mueller che, al contrario si occupa di legalità sin dalla presidenza Bush jr e che è in grado di passare attraverso case bianche diverse mantenendo un rigido codice etico. Se la descrizione della presidenza Trump fatta da Bannon risponde al vero, non c’è un piano per rispondere agli attacchi di Mueller, se non denuncia dopo denuncia, con improvvisazioni al momento.

FONTE: Marina Catucci, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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