Fake news, il governo chiede ai colossi del web trasparenza sulla disinformazione
Il governo ritiene che non siano necessarie ulteriori leggi per contrastare la disinformazione in rete e non appoggerà iniziative parlamentari in tal senso. Lo si apprende da fonti di Palazzo Chigi.
La strategia, in vista delle prossime elezioni politiche, sarà quella della collaborazione con le società che gestiscono le piattaforme digitali — i cosiddetti Over the Top, come Google e Facebook — per ottenere due obiettivi: la certificazione di qualità delle fonti che rispettano determinati protocolli e garantiscono attendibilità delle proprie informazioni; e la trasparenza della propaganda politica online: risalire ai committenti delle campagne, impedire i messaggi selettivi solo per alcuni gruppi di persone, sapere se diverse campagne su diverse pagine fanno riferimento allo stesso committente.
Nei giorni scorsi, il dibattito politico sulle cosiddette fake news si è alimentato con scambi di accuse reciproche tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle. In sottofondo, diverse forze politiche stanno lavorando in Parlamento per arrivare a proposte di legge: in particolare i senatori del Pd Zanda e Filippin hanno elaborato — ma non ancora depositato — un disegno di legge che ricalca la legge entrata in vigore in Germania la scorsa estate. Il governo però boccia questa ipotesi, ritenendo che abbia il difetto di demandare alle aziende private le funzioni proprie della magistratura. L’approccio sarà opposto: invece di inseguire le fake news, si aiuteranno gli utenti a individuare le fonti qualificate.
In questo senso sia Google che Facebook si sono già mossi con il progetto Trust — al quale aderiscono diverse testate internazionali, fra le qualiRepubblica — che garantisce la certificazione di qualità ai contenuti, marchiandoli e premiandoli negli algoritmi di ricerca e visibilità. Inoltre, gli editori possono caricare i propri loghi in evidenza accanto a ciascuno dei contenuti pubblicati su Facebook. Sul fronte della trasparenza, la richiesta sarà quella di rendere sempre più tracciabile la propaganda elettorale. Una strada che Facebook ha già imboccato ma che difficilmente sarà disponibile in tempo per il voto italiano: Mark Zuckerberg ha infatti annunciato nelle scorse settimane la creazione di uno strumento grazie al quale tutti potranno vedere i post sponsorizzati di una pagina, non solo quelle nicchie di utenti a cui il messaggio viene indirizzato. Inoltre, sarà disponibile un archivio dei soldi spesi per le campagne sponsorizzate, i dati sulle persone raggiunte e chi ha pagato l’inserzione. Ma le novità verranno introdotte per ora solo negli Stati Uniti, a partire dalle elezioni di metà mandato del 2018.
La buona notizia riguarda invece l’efficacia dei sistemi di notifica e rimozione dei contenuti inappropriati, in particolare per quanto riguarda il cosiddetto hate speech, cioè l’odio verbale: secondo il rapporto della Commissione Europea del giugno 2017, in un anno in Italia le rimozioni di contenuti segnalati sono aumentate dal 3 all’ 81 per cento.
Fonte: ANDREA IANNUZZI, LA REPUBBLICA
Related Articles
Il default dell’economia di carta
La crisi ha reso evidente il fallimento delle teorie fondate sul libero mercato. Occorre un forte ridimensionamento della finanza e il rilancio di politiche che favoriscano l’occupazione, accettando anche l’ipotesi di bancarotte pilotate. Solo così si possono porre le basi per salvare l’Europa. Un’intervista con Giovanni Dosi, l’economista in odore di Nobel
Wi-Fi gratuito, nasce l’alleanza delle città
Da Roma a Venezia, si va in Rete con gli stessi dati personali: svolta per 215 mila. Al progetto si sono accodate Torino e Genova. Il Garante: adesso un sostegno alla banda larga
Dopo il voto pesante del parlamento ora si passi ai fatti
Alla metà dell’opera? Chissà . Magari meno, perché gli ordini del giorno valgono fino a un certo punto: moral suasion.