by Massimo Franchi | 19 Dicembre 2017 10:34
Vertenze senza Fine. Venerdì tocca alla Grande distribuzione
Licenziare a ferragosto[1], scioperare a Natale. La crisi che non passa e la crescita che non c’è quest’anno hanno mostrato la loro durezza nei periodi dedicati alle feste. E così ieri si aperta una settimana piena di manifestazioni e proteste per una lista infinita di contratti nazionali in attesa di rinnovo da tempi biblici e di vertenze che invece di risolversi peggiorano, inedita per quanto vicina al 25 dicembre.
LA MOBILITAZIONE più imponente ieri è stata per il rinnovo del contratto degli edili, atteso da oltre 17 mesi. Sciopero di otto ore, adesione media nazionale del 65 per cento – con punte che in alcune regioni hanno raggiunto il 90 per cento – ed un totale di 18 mila lavoratori che hanno dato vita a cortei e presidi in sei città: Padova, Torino, Roma, Napoli, Palermo, Cagliari. Contro l’inerzia negoziale dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) i sindacati confederali hanno portato in piazza la rabbia edile. A piazza Santi Apostoli a Roma ha parlato il segretario generale della Feneal Uil Vito Panzarella, per la manifestazione delle regioni centrali: «Rinnovare il contratto costituisce la premessa per garantire un futuro di qualità al settore delle costruzioni che più di tutti ha pagato il conto della crisi con disoccupazione e deregolamentazione». A Napoli invece la manifestazione del Sud è stata chiusa Franco Turri, segretario generale della Filca Cisl: «Occore rafforzare l’attività del sistema bilaterale perché l’applicazione del contratto edile a tutti i lavoratori impegnati nel cantiere rappresenta un investimento per il futuro e non un costo».
ERA A TORINO INVECE il segretario generale della Fillea Cgil Alessandro Genovesi: «Il contratto è lo strumento per raddrizzare un sistema che premi le imprese sane contro i tanti, troppi furbetti del cantierino che nella crisi hanno agito riducendo i salari, usando contratti collettivi non edili, ricorrendo al lavoro nero e grigio. Il contratto nazionale non è solo uno strumento di ridistribuzione, ma anche e prima di tutto uno strumento di politica economica, per combattere illegalità e rimettere il buon lavoro al centro di un modello di impresa e di mercato socialmente più giusto». Le manifestazioni sono servite anche per rilanciare la mobilitazione sulle pensioni: gli edili sono in gran parte esclusi dall’Ape social e anche dal blocco dell’adeguamento per mancanza di continuità contributiva. «In questo modo abbiamo rilanciato unitariamente la vertenza sulle pensioni e questo è un fatto politicamente molto importante», sottolinea Genovesi.
IERI ALTRA GIORNATA DI LOTTA per i lavoratori della Castelfrigo di Castelnuovo Rangone, scesi in piazza con corteo dall’azienda fino al centro città contro il licenziamento dei 127 lavoratori che sono in appalto alla cooperativa del settore carni tramite le cooperative Work Service e Ilia Da. Dal 17 ottobre è in corso uno sciopero contro questi licenziamenti e la protesta non si ferma: da stasera quattro lavoratori inizieranno uno sciopero della fame: assieme al sindacalista Marco Bottura della Flai-Cgil di Modena saranno l’albanese Martin, il ghanese Tano e il cinese Chen. Il corteo con lo slogan «Basta schiavi-Per dire no al nuovo caporalato», si è chiuso con il comizio di Ivana Galli, segretaria generale Flai-Cgil.
ALLA MULTINANZIONALE svedese Ericsson, leader mondiale nelle comunicazioni, stanno succedendo invece cose incredibili. I tagli ai posti di lavoro – 12 procedure di licenziamento colletivo in 10 anni e 250 licenziamenti tra luglio e settembre con lettere spedite anche a ferragosto – e ai salari – 33 per cento del retribuzionale annua lorda (Ral) vanno avanti da anni, ma in questi ultimi mesi il management italiano si sta inventando strumenti societari mai visti per legittimare gli altri 600 esuberi dichiarati. Di solito un azienda in difficoltà propone la cessione di un ramo di azienda per salvare i propri gioelli. In questo caso invece la stessa Ericsson ha dato vita ad una nuova Spa – Service Factory Operate & Build Italy – al 100 per cento di sua proprietà con 515 addetti che però avrà già 150 esuberi conteggiati: un caso unico nella già incredibile storia delle crisi aziendali italiane. Ieri manifestazioni in molte città: presidio sotto il ministero dello Sviluppo dove Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom sono riuscite a strappare una convocazione dell’azienda da parte del governo per il 28 dicembre. A Genova, città fra le più colpite dai licenziamenti, corteo dagli Erzelli al parco Tecnologico. Nel capoluogo ligure ieri in piazza anche i dipendenti della Abb, tecnologie per aziende ed energia, la cui prioprietà ha ufficializzato la cessione improvvisa di un ramo d’azienda ad Arkad, gruppo arabo privo di insediamenti produttivi in Italia e in Europa. Un processo che coinvolge oltre 200 lavoratori tra Sesto San Giovanni e Sestri Ponente che si sentono a rischio.
VENERDÌ POI TOCCHERÀ ai lavoratori della grande distribuzione, compresi quelli delle cooperative. In questo caso la campagna sui social è rivolta anche ai consumatori: l’hashtag #nienteregali #vogliamo il contratto invita al boicottaggio dal fare la spesa per quella giornata.
FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO[2]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/12/95931/
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