by Esma Zagros, Global Rights Magazine | 9 Dicembre 2017 8:06
La difesa di Kobanê (settembre 2014 – gennaio 2015) è stata condotta da uomini e donne, giovani volontari delle Unità di Autodifesa che hanno lottato non solo per la città ma anche per la libertà, la loro e quella di tutti noi.
Pubblichiamo alcune delle lettere scritte dal fronte durante i mesi di resistenza.
Esma Zagros è una giovane donna di Kobanê.
E’ entrata nelle YPJ (Unità di Difesa delle Donne) ad aprile 2013. Ha inviato questo messaggio ad un giornale kurdo.
Sono entrata nelle Unità di Difesa Popolare con mia cugina Awaz. Prima di entrare nelle YPJ non avevo nemmeno idea di cosa fosse una organizzazione politica. Non conoscevo il pensiero di Ocalan. E’ stata mia cugina,
la martire Awaz, ad insegnarmi quello che è un’organizzazione e mi ha spiegato la filosofia del nostro movimento.
Quando siamo entrate nelle YPJ ci hanno inviato in un campo per “nuove militanti” dove ho ricevuto addestramento militare.
Awaz e io siamo rimaste in quel campo 15 giorni, quindi ci hanno inviato all’unità di donne appena creata, la Martire Dicle, a Kobanê. Eravamo 45-50 compagne, la battaglia di Tel Abyad non era ancora cominciata e ci assegnarono al fronte orientale, a pochi metri dalla frontiera e vicina ad una unità militare della polizia turca.
Sono stata ferita in battaglia e mi ci sono voluti sei mesi per recuperarmi. Una volta ristabilita sono stata destinata nuovamente al fronte occidentale dove ho fatto un nuovo corso di addestramento militare. Durante un attacco mi sono rotta un braccio e dopo la riabilitazione mi hanno separato da mia cugina Awaz.
Lei è andata sul fronte occidentale, io su quello orientale. Io e Awaz abbiamo sempre avuto un rapporto molto stretto e speciale, per questo separarci ci fece soffrire molto, ma in seguito ci siamo ritrovate nel campo Martire Sozdar. Poco dopo quel reincontro Awaz è morta, martire.
Non ho parole per spiegare quanto ho sofferto. Prima che morisse Awaz avevamo già perso nostro cugino Ervan e dopo Awaz morì anche Ruhat. La loro morte mi ha segnato enormemente.
Non riesco ad esprimere questo dolore, quando siamo entrati nel partito ci eravamo fatti una promessa: combattere sempre insieme per la libertà del nostro paese. Non siamo riusciti a mantenere la nostra promessa.
Loro sono morti.
Qui ho molti compagni e compagne, ma con i miei cugini avevo una relazione speciale, molto intima. Adesso mi mancano moltissimo le nostre conversazioni, sono stati loro ad insegnarmi quanto importante è lottare. Parlavamo sempre di unirici alla guerriglia kurda, di andare in montagna, ma quando hanno attaccato Kobanê abbiamo deciso di rimanere qui, perchè qui è dove dovevamo stare.
Adesso loro non ci sono e io sono rimasta sola, ma continuo a lottare perchè Kobanê deve conquistare la sua libertà. E’ per questo
QUI[1] L’INTERO NUMERO DEL MAGAZINE GLOBAL RIGHTS #5 2017, SFOGLIABILE O SCARICABILE, IN ITALIANO, INGLESE, SPAGNOLO
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