by Anna Maria Merlo | 5 Dicembre 2017 9:47
Elezioni territoriali. La domanda di ampia autonomia, dalla lingua corsa al fisco, passando per la liberazione dei “prigionieri politici”
Vittoria al di là delle previsioni per i nazionalisti, al primo turno delle elezioni in Corsica, per l’elezione del nuovo ente territoriale, che dal 2018 unifica la regione e i due dipartimenti dell’isola. La lista Pé a Corsica, nata dall’accordo tra l’attuale presidente del consiglio esecutivo, Gilles Simeoni (autonomista) e il presidente dell’Assemblea di Corsica, Jean-Guy Talamoni (indipendentista) ha sfiorato la maggioranza assoluta, superando il 45%. Ma l’astensione è stata massiccia: ha votato solo il 52%. Spazzate via le personalità che hanno fatto la politica dell’isola negli ultimi decenni, il panorama cambia volto. Macron già non si era imposto nell’isola né alle presidenziali né alle legislative e domenica la lista République en Marche, guidata dal sindaco di Bonifacio Jean-Charles Orsucci, è arrivata solo quarta (11,2%). Qualunque cosa succeda al secondo turno domenica 10, la molto probabile conferma del successo nazionalista che non potrà essere contrastato nemmeno dall’eventuale fusione delle due liste di destra e di quella République en Marche, è ormai certo che la sinistra non avrà più nessun seggio nella nuova Assemblea. Il Ps non si è neppure presentato, mentre la lista Corse Insoumise (Pcf più una parte degli Insoumis, ma senza l’approvazione di Jean-Luc Mélenchon, che l’ha definita “bassa cucina”) non riesce a qualificarsi per il secondo turno (ha preso il 5,6%, ci voleva almeno il 7%). Per trovare un’Assemblea corsa senza sinistra bisogna risalire all’82, 35 anni fa. Ma Mélenchon inscrive i nazionalisti nella tradizione della sinistra: “in Corsica il dégagisme (“via tutti”) è Simeoni, Bravo! Macron è stato severamente punito, il Fronte nazionale ridicolizzato”. Ai comunisti, che hanno presentato una lista senza il suo avvallo, Mélenchon lancia un avvertimento: “il Pcf ha usurpato il nome, sono eliminati, avviso ai dilettanti usurpatori di identità”.
Il risultato “storico” dei nazionalisti è la conclusione di una ascesa continua dal 2014. Quell’anno, Simeoni, avvocato (difensore di Colonna, condannato per l’assassinio del prefetto Erignac), è stato il primo leader nazionalista a conquistare una grande città (Bastia). Sempre nel 2014, il Fnlc ha rinunciato alla lotta armata. Nel 2015, l’accordo tra Simeoni e Talamoni arriva al 35% alle regionali, che hanno permesso ai nazionalisti di governare negli ultimi due anni. Alle legislative del giugno scorso, i nazionalisti portano 3 deputati all’Assemblée nationale a Parigi.
La Corsica è una nazione non un semplice ente amministrativo, affermano Simenoni e Talamoni, che aspettano adesso la risposta di Parigi. Il voto “è un messaggio molto forte rivolto a Parigi – ha affermato Simeoni – noi vogliamo la pace, la democrazia, un’isola emancipata, adesso Parigi deve fare la sua parte”. Per il momento, la questione dell’indipendenza non è al centro delle discussioni. I nazionalisti, che avranno in mano tutti i poteri nell’isola dal 1° gennaio, chiedono entro tre anni una vera autonomia: ampi poteri sull’economia e sul fisco, “co-ufficialità” della lingua corsa con il francese, uno “status” di residente specifico (c’è il problema delle residenze secondarie e dell’arrivo di nuovi residenti “non corsi” dalla Francia metropolitana) e la più che controversa questione della liberazione dei “prigionieri politici” corsi (tra essi c’è anche Colonna). La Corsica resta molto dipendente dai finanziamenti dello stato centrale e dalle sovvenzioni europee. Il precariato e la povertà hanno guadagnato terreno. Il nazionalismo dovrà trovare delle risposte, al di là delle rivendicazioni identitarie.
FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO[1]
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