by Anna Maria Merlo | 1 Dicembre 2017 10:05
C’è voluto il reportage di CNN sul mercato degli schiavi in Libia per smuovere i dirigenti della Ue e dell’Unione africana (“sono anni che denunciamo come i migranti sono trattati in Libia, vittime di incarcerazioni arbitrarie, torture, stupri, sfruttamento” ha commentato con amarezza ieri Amnesty International). Ieri si è concluso il quinto vertice Ue-Ua (dal 2000), che ha riunito un’ottantina di capi di stato e di governo a Abidjan in Costa d’Avorio, con partecipazione Onu. Il presidente francese, Emmanuel Macron, che ha combinato il vertice con un viaggio (Burkina Faso, Costa d’Avorio e Ghana) che nelle sue intenzione deve segnare una svolta nelle relazioni tra Parigi e l’Africa (“non c’è più una politica africana della Francia”), si è trasformato in portavoce della Ue, visto che tutti gli alti latitano (la Germania senza nuovo governo, la Gran Bretagna assorbita dal Brexit, gli altri defilati o deboli o senza vero interesse). La decisione più importante (conclusione di una riunione d’emergenza ristretta tra 9 paesi mercoledi’ sera) è di creare una “task force” per “andare a cercare sul suolo libico i clandestini che vogliono venire rimpatriati nel paese d’origine”, ha affermato Macron, che ha precisato che “le operazioni di evacuazione di emergenza inizieranno nei prossimi giorni o settimane”. L’Ua chiede il rimpatrio di almeno 3800 persone prigioniere in Libia. Moussa Faki, presidente della commissione Ua, ha affermato che il summit di Abidjan “deve essere il punto di partenza per un’azione decisa contro questa tragedia”. “La Libia ha bisogno del nostro aiuto” ha affermato il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. La Ue, intanto, sta preparando una politica di asilo comune.
Dietro l’emergenza, c’è la realtà di una popolazione giovane che sogna l’Europa. Cosa puo’ offrire l’Europa, dove in certi paesi la disoccupazione giovanile supera il 40%, a un continente dove il 60% della popolazione ha meno di 25 anni? Macron ha fatto alcune promesse sui visti per gli studenti e ha evocato la possibilità di permessi che durino fino alla scadenza del passaporto, Angela Merkel ha parlato di canali di immigrazione “regolari e ordinati” e il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel ha avanzato l’idea di visti di 3-4 anni, con l’impegno poi di rientrare in patria (ma subito, dalla Germania, la destra è insorta). Il presidente della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara, con paternalismo ha suggerito ai suoi giovani di “non buttarsi nell’avventura e mettere a rischio la vita”. La Ue è ancora, globalmente, il primo partner commerciale dell’Africa presa nel suo insieme (286 miliardi di euro di scambi nel 2015, bilancia a favore della Ue per 22 miliardi), ma ormai come paese è la Cina ad essere in testa (126 miliardi di euro di scambi nel 2016, import per 49,7 miliardi, export per 77,2). La Francia perde terreno, ha dimezzato il peso commerciale tra il 2010 e il 2015 e la bilancia è più o meno in equilibrio (27,5 miliardi di export, 26,5 miliardi di import, il 50% degli scambi sono con il Maghreb, Algeria in testa). Resta il franco Cfa come strumento di potere e la presenza di molte multinazionali francesi, Macron ha invitato i 15 paesi che hanno questa moneta legata all’euro a prendere decisioni sul suo futuro.
La Ue ha una vecchia storia di relazioni con l’Africa, dalla Convenzione di Yaoundé del ’63, fino a quella di Cotonou del 2000, in vigore, passando per gli accordi di Lomé. Un Fondo fiduciario per l’Africa è dotato di 3 miliardi, ma non è ancora del tutto finanziato. Un piano, lanciato a settembre, punta all’effetto leva di 4,1 miliardi per attirare investimenti privati.
FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/12/95643/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.