Dopo Corsico altro licenziamento dell’Ikea a Bari: perde il lavoro per ritardo di 5 minuti
Mondo Ikea. Il sindacato: «”L’azienda non ha avanzato tutte le contestazioni appena avvenivano i presunti ritardi nel rientro in servizio dalla pausa, ma ha atteso di sommarle. Decisione illegittima e vergognosa. Daremo battaglia»
Undici anni di lavoro sono finiti per una pausa troppo lunga. Di cinque minuti. Questa è la storia di Claudio, assunto dall’Ikea a Bari sin dal primo giorno di apertura di un’astronave di cemento che spunta sulla tangenziale e si sviluppa in lungo e in largo in una strada, zona Mungivacca, chiamata «via Caduti del Lavoro». Come in altre zone periferiche, desolate ed ex industriali di 21 città italiane, anche questo negozio è aperto sette giorni su sette per non far mancare nulla ai baresi: dal pelapatate all’ultimo modello di «cucina in stile country». Qui Claudio, padre di due figli, ha lavorato. E ha perso il lavoro per cinque minuti di orologio.
ALL’INDOMANI del licenziamento di Marica, 39 anni e madre di due bambini allo stabilimento Ikea di Corsico a Milano, un altro caso «choc» è emerso dalla filiale italiana della multinazionale svedese. Ad averlo denunciato sono stati i vertici del sindacato Uiltucs (Unione italiana dei lavoratori dei settori turismo, commercio e servizi) che hanno definito quello di Claudio a Bari un «licenziamento illegittimo e vergognoso», come quello di Marica a Milano. «Entrambi i casi sono sintomatici di una situazione difficilmente sostenibile in Ikea che si sta aggravando sempre di più – sostiene Ivana Veronese, segretaria nazionale del sindacato – È un clima molto pesante quello che si respira in Ikea ultimamente – sostiene Veronese – e i licenziamenti sono la punta di un iceberg».
LA SINDACALISTA parla di «prepotenze su cambi di mansioni, variazioni di turni e orari, lavori part time con poche ore e conseguenti miseri stipendi» che hanno prodotto un malessere diffuso registrato dalla campagna «#CambiaIkea». La petizione ha raccolto online 25 mila firme, e altre migliaia sono arrivate in forma cartacea in una settimana. Un segnale giunto a meno di un mese a Natale quando, con le tredicesime, i ritmi di lavoro si fanno ancora più intensi, causa acquisti comulsivi. Giuseppe Zimmari, segretario generale della Uiltucs Puglia, racconta maggiori dettagli sulla vicenda. «Il provvedimento verso Claudio – spiega – è eccessivo e sproporzionato. L’azienda non ha poi avanzato tutte le contestazioni, appena avvenivano i presunti ritardi nel rientro in servizio dalla pausa, ma ha atteso di sommarle. Per questo per noi è un licenziamento senza dubbio illegittimo e sarà impugnato a livello legale. Dobbiamo affrontare senza esitazione casi sintomatici che sembrano il tipico esempio del “colpirne uno per educarne cento” che rifiutiamo con forza. Daremo battaglia».
NEL FRATTEMPO Ikea è tornata sul caso di Marica e ha definito il suo licenziamento «una decisione difficile ma necessaria». Ad averlo provocato sarebbero stati «gravi e pubblici episodi di insubordinazione» seguiti ad alcune contestazioni sull’orario di lavoro. L’azienda sostiene di essersi adoperata per «contemperare le necessità della lavoratrice» che ha lavorato «meno di 7 giorni al mese» negli ultimi «8 mesi». In seguito si sarebbe «auto-determinata l’orario senza preavviso». A sostegno della donna licenziata la Uiltucs parla di uno «sciopero unitario», oltre alle assemblee unitarie indette in tutte le filiali Ikea.
«NEGLI ULTIMI ANNI non c’è stato verso di discutere con Ikea di quanto siano diventate insostenibili le condizioni di lavoro» sostiene la Filcams Cgil. Per il sindacato il caso milanese e quello barese dimostrano che Ikea è «un’azienda senz’altro brava a dare lezioni di senso civico e fair play a differenza di come si comporta con i propri dipendenti nei punti di vendita». La richiesta è il ritiro anche del licenziamento di Marica e il ripristino di corrette relazioni sindacali per garantire condizioni di lavoro dignitose. In Ikea Italia lavorano più di 6.500 persone, il 90% è impiegato con un contratto a tempo indeterminato.
FONTE: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO
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