Le Ong denunciano: «Fondi Ue per la povertà in Africa usati per i controlli alle frontiere»

Le Ong denunciano: «Fondi Ue per la povertà in Africa usati per i controlli alle frontiere»

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Più soldi per rafforzare i controlli alle frontiere e meno investimenti per la lotta alla povertà. Il tutto grazie anche ad alcune «opacità» presenti nella gestione dei fondi.

Dopo lo studio reso noto una settimana fa da Oxfam – nel quale si denunciava come parte dei soldi europei destinati a progetti di sviluppo in Africa siano in realtà investiti in progetti che hanno come obiettivo quello di fermare le partenze dei migranti – a puntare il dito contro le scelte con cui vengono investiti i finanziamenti stanziati a Bruxelles sono due coordinamenti di Ong come Concorde Italia e Cini, che hanno monitorato l’impiego fatto finora del Fondo fiduciario dell’Unione europea di emergenza per l’Africa.

I risultati sono contenuti in un rapporto, realizzato in collaborazione con Amref e Focsiv, intitolato «Partenariato o condizioni per l’aiuto?» presentato ieri a Roma.

Le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori sono preoccupanti. Attraverso una serie di interviste anonime realizzate con funzionari della Commissione europea e agenzie di cooperazione di Stati membri, emerge infatti come le finalità iniziali del fondo – contribuire allo sviluppo economico dei paesi di origine dei migranti – siano spesso subordinate alle esigenze di sicurezza europee attraverso progetti ai quali verrebbe dato il via libera con «procedure semplificate e più rapide» e «senza un controllo di qualità».

Lo studio si concentra in particolare su Libia, Niger e Etiopia, tre Paesi ritenuti strategici nei processi migratori. «Il Trust fund ci pone tre contraddizioni», ha spiegato ieri il portavoce di Concord Italia, Francesco Petrelli. «La prima è che l’82% di questi fondi vengono dal Fondo europeo per lo sviluppo e sono sempre più distorti» verso obiettivi legati alla sicurezza. C’è poi «l’esternalizzazione delle politiche, un’idea illusoria che non risolverà il problema» e infine la terza questione che «riguarda i diritti umani».

Secondo il rapporto, tra le iniziative più controverse figurano il Project Support for Justice and Security to Fight Organized Crime, Smuggling and Human Trafficking (Ajusen) e altri progetti in Niger finanziati con 25 milioni di euro, nonché il sostegno alla Guardia costiera in Libia alla quale sarebbero stati trasferiti 46 milioni di euro.

«Non si possono prendere i soldi per i progetti di sviluppo e usarli invece per esternalizzare le frontiere e per la sicurezza, contro i migranti» ha detto Antonio Raimondi, portavoce del Cini, secondo il quale il Fondo punta a obiettivi di breve periodo non affrontando le «radici profonde» del fenomeno migratorio, dalla povertà strutturale all’alto tasso di disoccupazione fino alla pressione demografica. «Le migrazioni – ha concluso Raimondi – vanno invece affrontate con politiche di medio e lungo termine, altrimenti non è neanche possibile misurare l’efficacia degli aiuti».

FONTE: Marina Della Croce, IL MANIFESTO



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