Sea Watch accusa la Libia per la strage di migranti, ma l’accordo non si tocca

Sea Watch accusa la Libia per la strage di migranti, ma l’accordo non si tocca

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«La collaborazione con la Guardia costiera libica finora si è rivelata utile» ha dichiarato ieri Lia Quartapelle, capogruppo Pd in commissione Esteri della Camera, commentando l’operazione di soccorso, avvenuta lunedì scorso nel Mediterraneo, che ha provocato circa 50 morti e nonostante la Ong tedesca Sea Watch accusi la marina libica di essere responsabile dei decessi. A sostegno della loro versione, ieri gli attivisti hanno pubblicato audio e video di quelle drammatiche ore. Al disastro di lunedì si è arrivati dopo una settimana di scontri in Libia, con gli equilibri interni pronti a saltare. Le partenze verso l’Italia sono riprese: la scorsa settimana sono arrivati circa 2.500 con la Marina di Tripoli che li smistava sulle navi europee invece di riportarli indietro. A Salerno sabato scorso sono arrivati i cadaveri di 26 donne, molte giovanissime.

CI SARÀ STATO NERVOSISMO al Viminale, visti i soldi e i mezzi investiti sull’altra sponda del Mediterraneo. Lunedì la Guardia costiera libica deve aver deciso di mostrarsi fedele ai patti. Intorno alle 7 di mattina la Ong Sea Watch riceve il comando dal Centro di coordinamento del soccorso Marittimo di Roma di portarsi a 30 miglia dalla sponda africana, dove c’era un gommone carico di migranti in precarie condizioni. Il mediatore culturale Gennaro Giudetti racconta: «La Guardia costiera libica, essendo più veloce, è arrivata prima. C’erano persone in acqua, alcuni morti, il gommone era già semiaffondato, legato con una cima alla nave della guardia costiera. La situazione era fuori controllo, non abbiamo recuperato i cadaveri perché non c’era tempo. Nell’andare verso i naufraghi, abbiamo tirato su il corpo di un bambino, non mi sono sentito di lasciarlo in acqua perché avevo la mamma di fianco che piangeva straziata».

Gli attivisti recuperano 58 persone più cinque cadaveri, ma dalla Guardia costiera cominciano le provocazioni: «Hanno iniziato a minacciarci, ci tiravano addosso patate. I migranti trascinati a bordo della nave libica ci chiedevano di liberarli perché sapevano cosa li attende una volta tornati indietro». La Ong lunedì denuncia sul suo sito l’accaduto. Il giorno successivo arriva la replica: secondo il portavoce della Marina libica, il colonnello Ayoub Qasim, i morti sarebbero stati provocati dalla Ong che, anziché allontanarsi, si sarebbe avvicinata al gommone finendo per speronarlo, creando poi «caos e confusione tra gli immigrati» i quali, inclusi alcuni già salvati dalla Marina libica, si sarebbero gettati in mare per raggiungere la nave della Ong tedesca.

SEA WATCH HA DECISO ieri di pubblicare le immagini di quel terribile lunedì mattina. Il primo errore dei militari, spiegano gli attivisti, è stato agganciare il gommone già sgonfio alla nave, provocandone il semi affondamento, invece di avvicinarsi con calma con le scialuppe. In uno dei video si vede un uomo a bordo della nave libica frustare con una grossa cima i naufraghi ammassati sul ponte, un altro utilizza un bastone. Nessuno dei naufraghi ha indosso giubbotti di salvataggio o coperte termiche, sanno che, una volta sbarcati, saranno rinchiusi nel deserto. Il video mostra una colluttazione: i militari colpiscono uno dei naufraghi, cercano di trattenerlo ma l’uomo si aggrappa alla cima che lega il gommone alla motovedetta e si getta in acqua.

L’uomo è in mare, sospeso fuoribordo, la Guardia costiera avvia lo stesso i motori per allontanarsi. Dall’alto segue la scena un elicottero della Marina militare italiana che cerca di bloccare i libici, dall’audio si ascolta: «Guardia costiera libica fermate i motori, per favore cooperate con Sea Watch! Per favore, cooperate con Sea Watch! Vogliamo che vi fermate ora, ora! ora! Guardia costiera libica avete una persona sul lato destro, per favore fermate i motori! Fermate i motori!».

L’uomo viene risucchiato dalle acque, la moglie (soccorsa dalla Ong) assiste impotente alla morte del marito.

«I video e gli audio messi a disposizione dalla Sea Watch – dichiara don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza – parlano chiaro, sono una vergogna per qualunque paese civile. La condotta della Guardia costiera libica viola i più elementari diritti umani. Non pensi il governo italiano di allontanare da sé facilmente ogni responsabilità o di raccontare la favoletta che l’Italia non c’entra con i respingimenti. Le navi delle Ong, che assicurano realmente una possibilità di soccorso in mare, sono drasticamente diminuite e i morti in mare aumentano».

L’Associazione studi giuridici per l’immigrazione ha deciso di fare ricorso al Tar per impugnare il decreto del ministero degli Esteri che indirizza i fondi che dovevano servire agli «interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i paesi africani» verso il progetto di esternalizzazione delle frontiere: dal fondo Africa, stanziato dal parlamento per la cooperazione, sono stati sottratti 2,5 milioni per la rimessa in efficienza di quattro motovedette per la Guardia costiera libica, «soldi che rientrano quindi nel finanziamento dell’apparato militare libico».

FONTE: Adriana Pollice, IL MANIFESTO



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