La Sicilia fa retromarcia, vince Musumeci
Mentre lo spoglio era appena all’inizio Totò Cuffaro, uno che di elezioni se ne intende, si congratulava per la vittoria di Nello Musumeci, che pure non è mai stato tenero con lui in campagna elettorale, marcando la distanza dall’ex governatore ma non dai suoi voti che gli sono stati utili: «Vince lui, buon lavoro». E così è stato.
QUESTA VOLTA GLI EXIT POLL c’hanno azzeccato in pieno. La Sicilia passa dalle mani di un ex Pci come Rosario Crocetta a quelle di ex Msi come Nello Musumeci, che da giovane menava le mani negli scontri tra fascisti e comunisti e in casa tiene la foto di Mussolini. Sconfitto Giancarlo Cancelleri, ma i 5stelle col 28% sono il primo partito e avranno in Parlamento il gruppo più numeroso, una ventina di deputati. Musumeci, che sfiora il 40%, lo ha staccato di oltre 100 mila voti, tanto basta per tappare la bocca a chi, tra i grillini, era pronto a gridare a brogli se la distanza era risicata. Non l’ha presa bene Cancelleri, che a fianco di Di Maio, nel quartier generale a Caltanissetta, non fa mostra di fair play. «Non chiamerò il vincitore altrimenti avrei dovuto chiamare tutti quelli che hanno vinto nelle liste che lo hanno sostenuto», dice con un certo livore. «Questa è una vittoria contaminata dalla complicità dei media nazionali – attacca – e da Nello Musumeci che ha candidato gli impresentabili».
Uno di quelli tirati in ballo è Luigi Genovese, mister 17 mila voti. Tanti ne ha presi il ragazzino di 23 anni che ha trainato la lista di Forza Italia a Messina e che sembra avere le carte in regola per ripercorrere le orme del padre Francantonio, transitato dal Pd al partito di Berlusconi dopo l’arresto e la scarcerazione per lo scandalo dei corsi professionali fantasma. Un business di milioni di euro, crollato per le inchieste della magistratura e per la lotta al sistema fatta da Crocetta. Con Genovese, ha rincarato Cancelleri, «hanno vinto Cuffaro, Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè». In realtà, hanno vinto pure i tanti ex missini che lavorano a fianco di Musumeci, hanno vinto Salvini e Meloni e hanno vinto i tanti transfughi passati con nonchalance dal centrosinistra al centrodestra, fiutando la vittoria e condannando alla sconfitta gli ex colleghi di Ap e ei centristi di Casini. Una fotografia in bianco e nero che riporta l’isola indietro nel tempo, ma con nuovi innesti a destra.
MA È UNA VITTORIA A METÀ, comunque. Anzi, al di sotto. Perché a stravincere queste elezioni è stato ancora una volta il partito del non voto, con il 53,24%. Alle urne si è recato solo il 46,76% degli aventi diritto, ancora meno del 47,41% di cinque anni fa. La sfida a cinque si è ridotta subito a due. Con le ossa rotte ne esce la coalizione di centrosinistra. Il candidato imposto al Pd da Leoluca Orlando, Fabrizio Micari, si blocca al 18,7%, mentre quello della sinistra, Claudio Fava che puntava al “sorpasso” su Micari, ottiene solo il 6,3%. Quindi con un apporto di Mdp piuttosto relativo. A livello di liste il quadro è frammentato: Fi ha il 16,2%, Fdi-Noi con Salvini il 5,2%, l’Udc il 7,1%, DiventeràBellissima di Musumeci il 6%, gli ex cuffariani alleati con gli autonomisti dell’ex Mpa il 7%.
NEL CENTROSINISTRA IL PD è al 13,2%, Ap al 4% e fuori dal Parlamento, mentre Sicilia Futura dell’ex ministro Totò Cardinale con il 6% si prepara a dare un sostegno a Musumeci, che per una manciata di voti non avrà la maggioranza all’Ars. Fi e Pd bissano grosso modo le performance di 5 anni fa, ma con percentuali di interpretazione complessa sul piano nazionale: nel caso di Fi il risultato ricalca i sondaggi nazionali, per il Pd è assai inferiore come per Fdi-Noi con Salvini.
«SARÒ IL PRESIDENTE DI TUTTI i siciliani, di coloro i quali hanno ritenuto di sostenermi e anche di coloro i quali, legittimamente, hanno ritenuto di votare per altri o di non partecipare al voto», dice il neo presidente della Regione, accolto nel suo comitato da militanti in festa. Gongolano tutti nel centrodestra. «La Sicilia ha scelto come io avevo chiesto la strada del cambiamento», dice Silvio Berlusconi. Rivendica il merito anche Matteo Salvini, secondo cui «i voti della Lega sono stati determinanti». Per Giorgia Meloni invece «vince la destra coerente, onesta, capace di programmi chiari che non scende a compromessi». I numeri in parte le danno ragione: vira decisamente a destra l’Assemblea proprio grazie agli innesti che arrivano dalle liste di FdI-Salvini e da quella di Diventerà Bellissima. E ciò nonostante il ritorno a Palazzo, dopo 10 anni di assenza, della sinistra con la lista Cento passi che per un soffio supera lo sbarramento del 5%.
«SAREMO UN PUNTO di riferimento per chi sentirà di doversi opporre agli interessi che questo governo sottende – avverte Fava – al rischio concreto che accanto a Musumeci, persona perbene che però non ha avuto la capacità di pretendere il controllo sulle sue liste, possano tornare al governo della Regione siciliana comitati d’affari, di privilegio, di profitto politico che troveranno nella nostra reputazione un ostacolo rigoroso, vigile e sempre trasparente».
FONTE: Alfredo Marsala, IL MANIFESTO
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