Mandato di arresto europeo contro Carles Puigdemont, rifugiato in Belgio

Mandato di arresto europeo contro Carles Puigdemont, rifugiato in Belgio

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Il Belgio in imbarazzo. Gli europei silenziosi. Al voto a Dublino la crisi catalana. La Scozia fredda, i fiamminghi comprensivi

La Procura dell’Audiencia nacional ha chiesto alla giudice Carmen Lamela di spiccare un mandato di arresto europeo contro il presidente della Catalogna dimesso dal governo di Madrid, Carles Puigdemont, e i quattro (ex)consiglieri che si sono rifugiati in Belgio. Ieri sera, la Procura federale belga non aveva però ancora ricevuto la richiesta formale da Madrid.

L’euro-mandato di arresto è in vigore da 13 anni, recepito nelle legislazioni nazionali in seguito a una direttiva Ue del 2002. È un sistema più efficace e semplice del tradizionale mandato di arresto internazionale, perché stabilisce un rapporto diretto tra Procure, sulla base del riconoscimento reciproco delle legislazioni penali tra stati membri. Il paese che riceve la richiesta in generale non può opporsi all’automaticità dell’esecuzione. Ma esistono eccezioni e deroghe.

Il Belgio, nella ricezione dell’euro-ordine, aveva limitato l’applicazione di questo sistema a 32 capi d’accusa. Tra essi, non c’è la «sedizione» o la «ribellione» allo stato centrale. Ma c’è la «corruzione», altro reato di cui Puigdemont deve rispondere. Ci sono deroghe all’automaticità: la pena deve superare i tre anni di carcere (e qui rientra l’accusa a Puigdemont, che rischia fino a 30 anni), l’accusato non deve aver beneficiato di un’amnistia, non deve essere minorenne, non deve essere già stato condannato per lo stesso reato in un altro paese (clausola «non bis in idem») e il reato deve essere contemplato anche nella legislazione del paese a cui viene rivolta la richiesta di arresto, cioè ci vuole una doppia incriminazione. Gli avvocati di Puigdemont e dei 4 consiglieri, tra cui Paul Bekaert che ha già difeso dei baschi, potranno usare questa leva di difesa.

Ieri, Puigdemont è stato fotografato in un bar di Bruxelles proprio nel momento in cui avrebbe dovuto presentarsi a Madrid per rispondere al giudice, poi è sparito. Il presidente dimesso ha ancora un’arma: può cambiare paese e così obbligare la Spagna a ricominciare la procedura del mandato d’arresto. Ma anche restando in Belgio, l’esecuzione della richiesta non sarà immediata. Tra decisione della Procura di Bruxelles e l’appello, possono passare anche 45 giorni. In altri termini, Puigdemont potrebbe venire estradato qualche giorno prima del voto del 21 dicembre. Incarnerebbe così in pieno la figura del martire, favorendo i partiti indipendentisti.

Per il Belgio, il caso Puigdemont è una patata bollente. Finora il primo ministro Charles Michel è andato con i piedi di piombo, ha persino chiesto ai suoi ministri di astenersi di incontrare il catalano. Ma il presidente dimesso ha degli appoggi, i nazionalisti dell’Alleanza neo-fiamminga (Nva): il presidente delle Fiandre considera che gli arresti sono «troppo». Anche i leader europei, che finora si sono tutti schierati con Mariano Rajoy, sono messi in difficoltà dagli arresti a Madrid. Ieri, la città di Dublino ha previsto un voto di appoggio alla Catalogna, mentre la Scozia rifiuta di reagire.

FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO



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