by Massimo Franchi | 3 Novembre 2017 10:18
Cgil perplessa. Dopo un incontro tecnico, il 13 si tornerà a palazzo Chigi: accordo o rottura. La Cisl firmerà da sola?
In altri tempi si sarebbe detto: «Un tavolo non si nega a nessuno». Ma se «il tavolo» arriva in piena sessione di bilancio, con «tempi strettissimi» a poche settimane dalla fine della legislatura, dopo che in tanti mesi di trattativa nessuna risposta è stata data, più che un «tavolo» sembra una presa in giro.
L’INCONTRO governo-sindacati sulle pensioni a palazzo Chigi si è concluso con un sostanziale nulla di fatto. La sala Verde dei tempi della concertazione si è riaperta in extremis solo per reggere il gioco buonista del Pd renziano che improvvisamente fa finta di interessarsi ai problemi dei lavoratori dopo tre anni e mezzo di nefandezze. Se due settimane fa Gentiloni e Padoan avevano chiuso la porta al blocco – o al congelamento – dei cinque mesi di aumento dell’età pensionabile derivanti dall’adeguamento all’aspettativa di vita, ieri prima premesso che «il principio dell’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita rimane assolutamente confermato» per poi aprire ad una esclusione dal meccanismo dei lavori gravosi.
Una timida apertura resa necessaria dal cambio di rotta del Pd che nel frattempo – con il vicesegretario (e ministro) Maurizio Martina – si era accodato a quasi tutto l’arco parlamentare che contestava l’innalzamento.
STRETTO TRA LA NUOVA «demagogia renziana» e il rischio che l’Europa bocci la manovra per un emendamento parlamentare che rimanda al prossimo governo la modifica «del pilastro fondamentale» della riforma delle pensioni – l’adeguamento all’età pensionabile – il ministro Padoan è stato costretto ad inventarsi un’alternativa: offrire ai sindacati una trattativa in extremis per «estendere ad alcune categorie di lavori gravosi il distacco dall’adeguamento», «una revisione del metodo di calcolo» – contestato da Cgil, Cisl e Uil – «compatibile con i vincoli di bilancio» e una verifica degli altri punti non risolti della cosiddetta “Fase 2”, come la pensione di garanzia per i giovani e più tutele per il lavoro di cura delle donne.
IL TUTTO COMMISSARIANDO il collega Giuliano Poletti e i tecnici renziani di palazzo Chigi – Marco Leonardi in testa – che in questi mesi hanno portato avanti la trattativa senza dare alcuna risposta ai sindacati.
La mossa è stata concordata con il «soldato» Paolo Gentiloni che con uno sforzo di equilibrismo in questo modo non si mette contro il «suo custode dei conti» e tiene in piedi la linea renziana neo sociale.
Si tratta comunque di un azzardo. Specie per i tempi strettissimi. Se lunedì toccherà ai tecnici incontrarsi, il 13 novembre è già convocata la riunione che dovrà sancire l’accordo o la rottura coi sindacati.
Cgil, Cisl e Uil – con umori differenti – hanno accettato la mano di poker. E fra dieci giorni sapranno se il governo stava – come molti pensano – bluffando. In quel caso saranno ancora in tempo per far pressioni sul parlamento e cercare di ottenere qualche risultato.
SEMPRE PERÒ con l’incognita della copertura finanziaria di provvedimenti che hanno costi molto pesanti: solo l’esclusione dei lavori gravosi – gruisti, maestre d’asilo, macchinisti, concerie – vale 100 milioni l’anno.
La Cisl – come al solito – sarebbe comunque ben contenta di firmare un accordo e «tornare in gioco» dopo anni di lontananza da palazzo Chigi. L’unica condizione messa da Annamaria Furlan al governo è quella «di giocare a carte scoperte con cifre e numeri finora nascosti da Istat e Inps». Più guardinga la Uil: «I paletti che ha messo il ministro Padoan per noi sono tutti da verificare», ha spiegato Carmelo Barbagallo.
DAL CANTO SUO LA CGIL ha spinto per avere tempi stretti proprio per tenersi aperta la via della mobilitazione ma ha comunque deciso di trattare considerando il congelamento della decisione sull’aspettativa di vita al prossimo governo come più pericolosa rispetto ad un accordo – seppur limitato – a stretto giro. Susanna Camusso ha tenuto comunque a precisare che la discussione col governo «si è svolta in un sentiero difficile» e «il dibattito si è molto concentrato più sul rinvio e la sospensione» dell’automatismo che lega l’uscita dal lavoro con l’aspettativa di vita. Invece, per noi il tema è come cambiare questo meccanismo ingiusto. Non è solo una questione temporale, ma di sostanza – ha aggiunto – se i risparmi delle leggi del centrodestra e della Fornero devono essere garantiti all’infinito, allora lo spazio di discussione è davvero molto poco. Una cosa è discutere di sostenibilità del sistema nel lungo periodo, un’altra è dire che il sistema previdenziale deve continuare a risparmiare. Della sostenibilità a lungo termine siamo tutti preoccupati ed è per quello che continuiamo a chiedere la previdenza dei giovani», ha concluso.
FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO[1]
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