Strage saudita in Yemen. Gentiloni: «Riyadh stabilizza»

by Chiara Cruciati | 2 Novembre 2017 8:19

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Il bilancio dell’ennesima strage saudita in Yemen è al momento di 29 morti: un raid nella provincia settentrionale di Saada ha centrato un mercato e un hotel. Come il 23 agosto, quando le bombe di Riyadh fecero collassare un albergo nella capitale Sana’a, uccidendo 60 persone.

Saada è territorio dei ribelli Houthi, a poca distanza dal confine nord con l’Arabia saudita, ripetutamente colpito e di nuovo ieri teatro di massacro.

Chi era presente racconta la devastazione: non c’è più nulla, solo macerie, pezzi di metallo mescolati a brandelli di corpi, cadaveri sfigurati e impossibili da riconoscere. Le stesse parole usate per ogni strage delle decine, centinaia che hanno costellato gli ultimi due anni e mezzo di guerra in Yemen.

A capo della coalizione sunnita anti-Houthi c’è proprio Riyadh: poche ore prima del raid, l’ambasciatore saudita in Yemen, Al Jaber, diceva all’inviato delle Nazioni Unite, Ismail Ould Cheikh Ahmed, che la petromonarchia è impegnata nella ricerca di una soluzione politica alla «crisi».

L’unica vera soluzione è interrompere il flusso di armi che dall’Europa e gli Stati uniti piovono su Riyadh. Eppure l’Occidente continua a fare la fila fuori dalle porte del regno.

In questi giorni è toccato all’Italia: nel suo tour asiatico e mediorientale il primo ministro Gentiloni è passato martedì per Riyadh per raggiungere ieri Emirati arabi e Qatar.

Dalla corte di re Salman Gentiloni ha espresso l’enorme interesse italiano a sviluppare maggiori rapporti commerciali, soprattutto in vista del piano di riforme Vision 2030, fortemente voluto dal nipote di re Salman, Mohammed. È lui che Gentiloni ha incontrato insieme all’ad di Leonardo Profumo, quello di Eni De Scalzi e di quello di Finmeccanica Bono.

«Un progetto di questa ambizione non può che interessare l’Italia», ha detto il primo ministro che ha poi citato il piano di costruzione di una nuova città, Neom, a cui sono interessate (onda lunga della normalizzazione occulta) anche aziende israeliane: «Un luogo di concentrazione per la robotica, la logistica e il trasporto compatibile sul piano ambientale. Qualcosa che l’Italia non può ignorare».

Ma gli elogi sono andati davvero oltre: Riyadh ha un ruolo di primo piano nella stabilizzazione politica del Mediterraneo, ha detto Gentiloni. Poche ore dopo, un hotel e un mercato sparivano sotto le bombe saudite.

FONTE: Chiara Cruciati, IL MANIFESTO[1]

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