Rischio nucleare. Papa Francesco prova a mediare tra Kim e Trump

Rischio nucleare. Papa Francesco prova a mediare tra Kim e Trump

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MENTRE l’orologio nucleare indica sempre più chiaramente il rischio imminente di uno scontro fra Stati Uniti e Corea del Nord, il Vaticano lavora per mettere a punto una mediazione che fermi un conflitto in grado di fare migliaia di morti e di cambiare gli equilibri del mondo. Il segno tangibile dell’intervento papale nella crisi nordcoreana è il Vertice mondiale per il Disarmo nucleare voluto da papa Francesco il 10 e 11 novembre a Roma.

PER discutere di come fermare la corsa al nucleare in Vaticano arriveranno undici premi Nobel per la pace fra cui Mohammed Yunus, Mohamed El Baradei, Jody Williams, Mairead Maguire, Adolfo Pérez Esquivel e Beatrice Fihn, direttrice dell’ICAN, la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari che proprio per il suo impegno in nome del disarmo ha vinto il Nobel per la pace quest’anno. Insieme a loro ci saranno i vertici delle Nazioni unite (Izumi Nakamitsu, Alto rappresentante Onu per il Disarmo), della Nato (Rose Gottemoeller, vice segretario generale) e rappresentanti degli Stati coinvolti nella crisi coreana, fra cui in primo piano Stati Uniti, Corea del Sud e Russia: tutti invieranno all’incontro i rispettivi ambasciatori presso il Vaticano. A parlare in rappresentanza di tutte le vittime di armi atomiche sarà la giapponese Masako Wada, una delle ultime superstiti di Hiroshima: il suo sarà con tutta probabilità l’intervento più emotivo del summit. Wada racconterà il dolore e il costante senso di colpa che hanno accompagnato l’esistenza di chi al fungo atomico è sopravvissuto, ma con le conseguenze dell’esplosione ha dovuto fare i conti per tutto il resto della vita. La Santa Sede sarà rappresentata, fra gli altri, dal segretario di Stato Pietro Parolin e dal cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero per lo Sviluppo umano integrale.

All’apertura dei lavori del vertice — “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale” è il titolo ufficiale dell’incontro — papa Francesco riceverà i partecipanti e pronuncerà il suo intervento: un discorso che ci si aspetta essere molto più che un semplice appello a fermare la corsa alle armi. Piuttosto il segno concreto del forte impegno che da mesi il Vaticano sta mettendo sulla questione nordcoreana. E il risultato dei contatti già intrapresi con i maggiori protagonisti della crisi e con i loro alleati per impedire che inneschino un processo irreversibile: impegno e contatti che nelle ultime settimane si sono rafforzati in vista del viaggio del pontefice in Asia a fine novembre. Un viaggio in cui il Pontefice toccherà Myanmar e Bangladesh, ma in cui la crisi nordcoreana sarà uno sfondo costante.

«Richiamare l’attenzione sul nucleare come strumento di morte e trovare una strada per eliminarlo è una delle priorità del Papa — spiega chi sta preparando la conferenza — non potrà non sottolineare che anche in casi critici come quello della Corea del Nord la soluzione non è la guerra ma il dialogo. Il tema è molto presente nella sua agenda». Il Pontefice con tutta probabilità metterà in guardia dalle conseguenze di un potenziale uso del nucleare in linea generale e poi inviterà gli Stati ad agire in modo concreto per fermare in tempi rapidi la corsa all’atomica.

«La preparazione di questa iniziativa era iniziata ben prima che i titoli dei giornali si concentrassero sulla Corea del Nord — racconta l’arcivescovo Silvano Tomasi, delegato del Papa sulle politiche del disarmo nucleare — ma è evidente che ora siamo di fronte al rischio reale di uso dell’atomica: per caso, per decisione consapevole o perché le persone che siedono nella stanza dei bottoni mancano di equilibrio mentale. Dunque, lavorare perché la sicurezza venga garantita non da armi di distruzione di massa ma dal fatto che nessuno abbia la possibilità di usarle, si è fatto più urgente».

Al tavolo del Vaticano saranno seduti tutti gli attori del Trattato sul bando delle armi nucleari firmato all’Onu a luglio, dopo anni di negoziazioni, da 122 Paesi: «Abbiamo pensato che occorresse mantenere viva l’attenzione su questo problema: finita la Guerra fredda è come se fosse passato di moda — conclude Tomasi — . Così abbiamo deciso di convocare tutte le parti in causa per vedere se riusciamo a sollecitare un negoziato che coinvolga gli Stati che posseggono armi nucleari: l’ideale sarebbe che il Trattato diventasse obbligatorio per tutti i Paesi. Ma anche riuscire a convincere qualche Stato ad aderire sarebbe importante. Non si può pensare che ci sia un futuro sostenibile con 20mila bombe atomiche nel mondo».

Fonte: FRANCESCA CAFERRI,  LA REPUBBLICA



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