Giappone. Abe vince e può armare
PECHINO La scommessa di Shinzo Abe ha pagato: il primo ministro del Giappone ha vinto le elezioni anticipate e può diventare il capo di governo di più lunga durata nella storia giapponese del dopoguerra. E anche lo statista che legherà il suo nome alla fine della Costituzione pacifista scritta nel 1947 sotto dettatura americana, sull’onda della disastrosa disfatta del Sol Levante imperialista.
Lo spoglio è stato ritardato da un tifone che sta spazzando l’arcipelago. Ma il Partito liberaldemocratico di Abe avrà almeno 283 seggi sul totale di 465 della Camera bassa della Dieta. Agli alleati di governo del Komeito sono attribuiti 29 deputati. Il resto all’opposizione: una cinquantina a testa al Partito democratico costituzionale (centro-sinistra) di Yukio Edano e al Partito della Speranza (centro-destra) della signora Yuriko Koike. I numeri sono importanti: il conservatore nazionalista Abe, 63 anni, per far passare in Parlamento la riforma costituzionale ha bisogno di una super-maggioranza dei due terzi, 310 seggi: sulla carta ne ha almeno 312. Dopo, potrà convocare un referendum popolare e cancellare l’Articolo 9 che per 70 anni ha consacrato la rinuncia giapponese alla guerra, in qualsiasi circostanza.
Ma con la vicinissima Nord Corea che si arma di missili a testata nucleare ha senso proclamarsi pacifisti a oltranza? Si può rinunciare a un esercito pronto a combattere? Lo spettro di Kim Jong-un ha avvolto la campagna elettorale e rilanciato l’immagine di Abe. A fine estate due missili lanciati per ordine del Maresciallo di Pyongyang hanno sorvolato l’isola di Hokkaido, poi Kim ha minacciato di «affondare» il Giappone intero. Secondo Abe il Giappone ha il diritto ad essere un Paese normale con una Costituzione e un esercito adeguati al pericolo. E ha anche il dovere di sostenere militarmente gli alleati americani in caso di conflitto. Mostrarsi pronto a tutto di fronte all’incubo di Kim ha aiutato il premier a recuperare popolarità dopo una serie di scandali che lo avevano indebolito portando il suo gradimento sotto il 30%.
Il premier ha giocato sull’inconsistenza dell’opposizione. Si è trovato di fronte la signora Yuriko Koike, 65 anni, ex giornalista tv, dal 2016 governatrice di Tokyo. Koike ha formato il Partito della Speranza e all’inizio volava nei sondaggi. Ma la bolla della Speranza si è sgonfiata quando Koike non si è saputa distinguere dal governo per programma economico e politico. La signora non ha neanche avuto il coraggio di candidarsi direttamente alle elezioni, preferendo la sicurezza della poltrona di governatrice della capitale. E ieri era a Parigi per una riunione di sindaci, in una missione-fuga dalla sconfitta annunciata.
L’avventura di Koike però non finisce. Siccome il Komeito, di ispirazione buddhista, non è convinto che cambiare la costituzione pacifista sia giusto, per far passare la riforma in Parlamento i voti della pattuglia della Speranza potrebbero contare parecchio. Koike, che in passato era stata ministra della Difesa con Abe, si è detta disposta ad appoggiare la revisione.
Nei primi cinque anni di governo la «Abenomics», basata anzitutto sulla leva finanziaria (il «quantitative easing» utilizzato anche da Usa ed Europa) ha garantito crescita, dopo vent’anni di recessione e stagnazione. Il Pil sale intorno al 2,5% annuale, la Borsa è al massimo dal 1996. Il tasso di disoccupazione è al 3%, quota fisiologica secondo gli economisti.
FONTE: Guido Santevecchi, CORRIERE DELLA SERA
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