by Jakub Hornacek | 22 Ottobre 2017 9:50
PRAGA. A trionfare nelle elezioni per il rinnovo della Camera dei Deputati è, oltre le più rosee attese, il Movimento dei Cittadini Insoddisfatti (Ano 2011) del secondo uomo più ricco del Paese, Andrej Babiš. Il suo movimento vince le elezioni con circa il 30% delle preferenze dei voti.
La posizione di Babiš è rafforzato anche dal sistema di conteggio in vigore nel Paese. Grazie a ciò, Ano 2011 potrebbe aggiudicarsi ben ottanta seggi. «Il sistema è stato ideato dai socialdemocratici e dal Partito Civico (Ods, di destra) per creare un sistema sostanzialmente bipartitico» nota il commentatore Petr Novácek. Per ironia della sorte entrambi le formazioni sono ora a margine della scena politica.
La Camera dei Deputati ceca sarà fortemente rinnovata. Ad aggiudicarsi i seggi sono ben tre nuove formazioni politiche. Raccoglie circa l’11% il Movimento Libertà e Democrazia Politica (Spd) dell’imprenditore populista e di estrema destra Tomio Okamura.
Il personaggio, di origini giapponesi e coreane, ha puntato sull’islamofobia, su una retorica contro i parassiti (in Repubblica Ceca eufemismo per i Rom) e sul referendum sulla permanenza nell’Ue. Con la stessa percentuale entrano tra i banchi parlamentari anche il Partito Pirata.
I pirati hanno puntato nella campagna elettorale sulla trasparenza e l’efficienza delle istituzioni democratiche. Ma il programma è molto più vasto con temi come l’antiproibizionismo, nuove forme di welfare, il superamanento del copyright e l’ecologia. Sconvolgimento anche al centro: a superare la soglia del 5% è il Movimento dei Sindaci, una formazione di centrodestra che ha puntato sullo «spirito civico».
I partiti tradizionali, che sono stati bersagliati dalle formazioni come Ano 2011, Spd o i Pirati, hanno subìto un forte ridimensionamento. Può essere soddisfatto il Partito Civico, la principale forza di centrodestra nel Paese, che ottiene l’11% e qualche seggio in più. Ma l’attuale partito è solo una pallida ombra dell’originaria Ods abituata a prendere almeno il 20%.
Perdono preferenze sia i popolari e i liberalconservatori di Top 09. Una vera débâcle si registra a sinistra. I socialdemocratici conquistano appena il 7% dei voti. Rispetto a quattro anni fa il principale partito di governo perde il 13% e 40 sui 55 seggi. Anche i comunisti di Kscm scendono fortemente e per la prima volta negli ultimi vent’anni sotto la soglia del 10%.
Alla Camera dei Deputati sederanno nove partiti politici. Ma sarà una composizione da Biancaneve e otto nani. «Nelle elezioni precedenti tra il vincitore delle elezioni e il secondo arrivato c’erano al massimo venti seggi di differenza» sottolinea l’analista Jan Harmann.
Ora la differenza sarà almeno di cinquanta seggi e il movimento Ano 2011 potrà scegliersi il suo partner minore di governo. «Dovremmo incontrare per i primi i socialdemocratici e i popolari» dice Jaroslav Faltynek, vicepresidente del movimento Ano 2011 dando una preferenza per la continuazione dell’attuale maggioranza, seppure a parti invertite.
Durante la campagna elettorale sono fioccati i veti contro Andrej Babiš in virtù di un affaire di truffa di fondi europei. «Andrej Babiš dovrebbe essere nominato premier, visto anche il fatto che ha preso il più alto numero di preferenze nel Paese» ha detto a caldo Faltynek. Anche il presidente della Repubblica Zeman ha annunciato di voler nominare premier il vincitore delle elezioni.
Le elezioni ceche marcano la fine delle teorie, per cui la Repubblica ceca sarebbe la faccia più aperta e presentabile del gruppo di Visegrad. Gli elettori hanno deciso di liquidare i partiti tradizionali che ormai possono sperare solo in un posto dignitoso all’opposizione o in ruolo subordinato al governo. Inoltre, la distanza percepita rispetto all’Europa occidentale ha più o meno la stessa intensità che in Ungheria e in Polonia.
Oltre alla questione dei migranti il Paese si sente escluso dal circuito del benessere dell’Occidente. I cechi si considerano i parenti poveri dell’Occidente pur considerando la loro economia all’altezza di Austria e Germania e, ovviamente, dei Paesi dell’ala meridionale dell’Europa. La questione, per ora aperta, è cosa farà Babiš del potere conquistato.
FONTE:
IL MANIFESTO[1]Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/10/95040/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.