Argentina. Tagli, precarietà e Maldonado. Ma Macri vincerà le elezioni

by Claudia Fanti | 21 Ottobre 2017 17:45

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Hanno destato scalpore, alla vigilia delle elezioni di medio termine in Argentina, i sondaggi telefonici attribuiti al governo Macri e diretti a valutare l’impatto nelle preferenze degli elettori del ritrovamento, mercoledì scorso, di un corpo nel fiume Chubut che potrebbe appartenere a Santiago Maldonado, il giovane di 28 anni scomparso il 1° agosto durante la violenta repressione di una protesta della comunità mapuche nel villaggio di Cushamen.

Come se non bastassero i tentativi di nascondere le responsabilità della gendarmeria e persino di attribuire la scomparsa di Santiago alle comunità indigene (sospettate di aver nascosto il corpo per far ricadere la colpa sulle autorità), il fatto che il governo tratti il caso del primo desaparecido dell’era Macri come un mero intralcio sulla strada della vittoria elettorale non poteva passare inosservato.

Tanto più che, ad eccezione della ex presidente Cristina Fernández de Kirchner, nessun candidato ha sospeso la sua campagna dopo il ritrovamento del corpo, effettuato peraltro dopo altre tre operazioni di ricerca con esito negativo, con conseguente sospetto da parte della famiglia di Santiago che il corpo sia stato depositato nel fiume in un secondo momento.

Ad aggravare il quadro ci si è messa anche Elisa Carrió, candidata a deputata per la città di Buenos Aires, che, in un programma tv, a proposito della conservazione del corpo ritrovato nel fiume favorita dalla bassa temperatura dell’acqua, ha commentato: «Chiaro, come Walt Disney», in riferimento alla leggenda secondo cui il celebre produttore cinematografico sarebbe stato congelato per essere curato nel futuro.

Una mancanza di rispetto che ha indignato la famiglia di Santiago e suscitato proteste in tutto il Paese, costringendo i vertici di Cambiemos, la coalizione di partiti che fa capo al presidente Macri, a proibirle altre apparizioni televisive.

Per quanto il caso Maldonado – in attesa di conoscere i risultati dell’autopsia iniziata ieri – secondo gli analisti potrebbe influire in una certa misura sul voto di domenica (che rinnoverà un terzo del Senato e quasi la metà della Camera dei Deputati), tutti i sondaggi attribuiscono un discreto vantaggio a Cambiemos, già uscita rafforzata dalle primarie di agosto (le cosiddette Paso, primarie aperte, simultanee e obbligatorie con cui le singole forze politiche definiscono i propri candidati).

Non dovrebbe farcela, seppur di pochissimo, neppure Cristina Kirchner, candidata a senatrice nella provincia di Buenos Aires per la lista Unidad Ciudadana, che pure aveva vinto per un soffio le primarie contro il candidato di Cambiemos Esteban Bullrich.

Di certo paga, tra altri guai giudiziari, anche il rinvio a giudizio per associazione a delinquere e amministrazione fraudolenta al termine delle indagini sulla possibile deviazione di fondi statali realizzata durante i suoi governi attraverso contratti di opere pubbliche affidate all’Austral Construcciones.

Una sfida decisiva, quella nella provincia di Buenos Aires, considerando che per la ex presidente c’è in gioco la candidatura alle presidenziali del 2019 o, in caso di sconfitta, la fine della sua carriera politica.

Se la vittoria di Cambiemos risulta assai probabile, non per questo è meno sorprendente, considerando gli enormi costi sociali delle politiche neoliberiste del governo Macri.

Costi ripetutamente denunciati dal gruppo di preti noti come Curas en la Opción por los Pobres, che – in decisa controtendenza rispetto a un episcopato assai silenzioso rispetto alle politiche anti-sociali del presidente – hanno esplicitamente invitato gli elettori a «votare contro questo governo, contro l’aggressione nei confronti dei più poveri e vulnerabili, contro il sequestro del futuro», denunciando le misure antipopolari adottate, dai tagli delle pensioni di disabilità a quelli del programma di assistenza tecnica a piccoli e medi produttori, dallo smantellamento del settore sanitario agli aumenti delle tariffe dei servizi fino «alle estreme misure di precarizzazione del lavoro annunciate per dopo le elezioni».

«A chi credere – recita non a caso uno degli slogan coniati dall’opposizione –, al tuo frigorifero o alla televisione?». Peccato, però, che la tv, grazie al potente apparato di propaganda macrista, si riveli più efficace anche di un frigo mezzo vuoto.

FONTE: Claudia Fanti, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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