La «ripresa» non è solo Pil: crescono infortuni e morti sul lavoro

by Massimo Franchi | 21 Ottobre 2017 9:11

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Un triste stillicidio quotidiano. Il Jobs Act con il taglio delle tutele e lo strapotere delle aziende porta come corollario il minor rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro. Mentre la riforma della pensioni targata Fornero costringe, specie in edilizia, a lavorare sulle impalcature fino a 70 anni, senza che nemmeno l’Ape social riesca a migliorare la situazione. E i morti e gli infortuni tornano a crescere. Lo certifica l’Inal.

Nei primi nove mesi del 2017 ci sono stati 769 morti, con un aumento del 2,1% rispetto al 2016. Sono state presentate circa 472 mila denunce, 594 casi in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

LE VITTIME SONO soprattutto i lavoratori più anziani: l’analisi per classi di età evidenzia infatti un sensibile aumento delle denunce per i lavoratori di età compresa tra i 55 e i 59 anni e di quelli tra i 60 e i 69 anni, con circa duemila casi in più per entrambe. Risultano inoltre in diminuzione le denunce dei lavoratori italiani (-1.600 casi) e in aumento quelle degli stranieri (+2.200).

Diminuiscono le denunce di malattia professionale pervenute all’Inail nei primi nove mesi del 2017: sono state 43.312, oltre 1.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2016 (-3,4%).

«CHI SI DOVESSE sorprendere di questa tragica impennata di infortuni e morti sul lavoro, o vive su un altro pianeta o è in malafede», commenta Alessandro Genovesi, segretario generale della FIllea Cgil. «È drammatico il dato dei casi di infortuni tra i 55 e i 69 anni, cresciuti di 4 mila unità, si tratta del 38% del totale. Moltissimi dei quali sono muratori e lavoratori delle costruzioni, costretti a stare sulle impalcature o in cava o sul muletto oltre ogni limite umano possibile. Una strage che ha un solo responsabile: una riforma delle pensioni che non tiene conto dell’evidenza, e cioè che i lavori non sono tutti uguali».

Il segretario della Fillea Cgil Genovesi si riferisce direttamente al 75% di rifiuto delle domande per l’Ape Social, quasi tutte di edili, perché i paletti imposti – in primis quello che prevede almeno 20 anni di contributi e 6 anni di lavori gravosi negli ultimi sette – sono troppo stretti per queste categorie di lavoratori: »Il governo non ne ha voluto tener conto. Degli oltre 20 mila over 60 registrati nelle casse edili solo poche centinaia potranno andare in pensione, gli altri staranno sulle impalcature fino a 70 anni». Se non moriranno di lavoro prima.

AUMENTANO LE DENUNCE presentate all’Inail. Le denunce di infortunio sono aumentate al Nord (oltre tremila casi in più), mentre sono diminuite al Sud (-969), al Centro (-781) e nelle Isole (-683). Gli aumenti più sensibili, sempre in valore assoluto, si sono registrati in Lombardia (+1.794 denunce) ed Emilia Romagna (+1.238), mentre le riduzioni maggiori sono quelle rilevate in Sicilia (-903) e Puglia (-836). Nei primi tre trimestri 2017 l’aumento infortunistico è stato pari allo 0,1% tra i lavoratori (330 casi in più) e allo 0,2% tra le lavoratrici (+264).

E ieri la tragica contabilità purtroppo non si è fermata: un operaio di 54 anni è rimasto ucciso a causa di un’esplosione in una fabbrica di fuochi d’artificio. L’infortunio è avvenuto nello stabilimento PiroDaunia, in contrada Torre Gramigna, nel territorio compreso fra San Paolo di Civitate e San Severo, in provincia di Foggia.

UN BOATO, LA FIAMMATA e poi l’incendio ha avvolto l’intero edificio. Gli altri operai che lavoravano alla fabbricazione dei fuochi sono riusciti a salvarsi.

Due anni fa, a luglio del 2015, una esplosione simile alla Bruscella Fireworks alla periferia di Modugno, nel barese: il bilancio fu molto più grave, morirono i due titolari e otto operai.

FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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