Giornata dell’alimentazione. 815 milioni di affamati

Giornata dell’alimentazione. 815 milioni di affamati

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Puja ha solo 11 anni ma sa già che deve darsi da fare se vuole sopravvivere. Così tutti i giorni esce dalla sua casa in India e si reca nella discarica vicina in cerca di cibo. Riuscire o meno a placare un po’ i crampi della fame dipende solo da quanti avanzi riuscirà a trovare in mezzo ai rifiuti. Per quanto difficile, però, la sua vita è più fortunata di quella di Jeyle che, in Somalia, a soli due anni è di fatto già condannato: è malnutrito e in ospedale non c’è posto per lui.

Al mondo ci sono 155 milioni di bambini colpiti da malnutrizione cronica. A denunciarlo è Save the Children che ieri, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione indetta dalla Fao, l’Agenzia Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, ha allestito sulla scalinata di Trinità dei Monti a Roma 155 sagome di bambini con una sintesi delle loro storie. Un modo per attira re l’attenzione su un fenomeno in perenne crescita. Ad aggiornarne la dimensione è il direttore generale della Fao Graziano De Silva che, introducendo i lavori della giornata, ha parlato di 815 milioni di persone al mondo che nel 2016 hanno sofferto la fame. Solo un anno prima erano 795 milioni. «Alla base dell’aumento – ha spiegato De Silva – ci sono violenti conflitti presenti nel mondo e gli shock climatici», un fattore quest’ultimo sempre più determinante sull’insicurezza alimentare».

Di questo enorme esercito di persone che stentano ad alimentarsi fanno parte anche 240 milioni di migranti, «il 40 per cento in più rispetto al 2.000», ha proseguito De Silva ricordando anche il numero di sfollati interni, un grande movimento di persone, 740 milioni, che si spostano dalle aree rurali a quelle urbane». Cifre che, ricorda il direttore generale della Fao, «senza precedenti nella storia dell’umanità».

«La sfida – ha proseguito De Silva – è il diritto di ogni essere umano a qualunque latitudine. Per salvare le vite bisogna ricostruire ciò che sta intorno alle persone per una vita più dignitosa e rafforzare la resilienza delle comunità rurali. L’impegno globale è importante, ma non è ancora sufficiente. e i governi devono operare in maggiore solidarietà e determinazione».

Non mancano i segnali positivi. Come la storia di Sulinman che il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina racconta nel suo intervento: «Suleiman ha lasciato l’Africa anni fa in cerca di futuro. A Roma, con altri sette migranti da 5 paesi africani diversi, ha fondato una cooperativa agricola sociale, per produrre yogurt e culture biologiche. Ora collabora e ha anche aiutato aziende agricole italiane a sviluppare queste attività. Simbolico il nome scelto: Barikamà, ossia ‘resistente, resiliente’ in lingua Banbarà. Questo ci ricorda quanto sia importante scendere in campo a difesa dei lavoratori agricoli».

Per Martina «sconfiggere la povertà è un atto di giustizia, per questo dobbiamo lavorare insieme per garantire il cibo a tutti. La mancanza di equità porta al paradosso di 815 milioni di affamati da un lato, e uno spreco alimentare pari al 33 per cento del cibo prodotto globalmente dall’altro. Richiamo per questo il pensiero di Papa Francesco, che disse: ’Vorrei che ognuno percepisca la presenza dei volti delle donne e degli uomini che hanno fame’. La fame non e’ un dato statistico- ha proseguito il ministro – ma è fatta di storie: i migranti non sono un gruppo indistinto ma una somma di vite e di storie». Quindi la conclusione: «Tale situazione conferisce un compito, una responsabilità a tutti noi per combattere le disuguaglianze. Anche noi dobbiamo essere fino in fondo Barikamà, ‘resistenti’».

FONTE: Marina Della Croce, IL MANIFESTO



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