La Bce di Mario Draghi boccia il Jobs Act, ma promuove il lavoro migrante
La ripresa europea è trainata dall’occupazione femminile, ma anche dal lavoro dei migranti, specialmente in Germania e in Italia. Parola di Bce. Il bollettino di Francoforte vede una crescita al rialzo per il continente, ma mette in guardia dagli eccessivi trionfalismi rispetto al calo della disoccupazione nel nostro Paese. Per dirla con altre parole, il Jobs Act non è un successone, evidentemente la ricetta non funziona, dato che – nota l’istituto guidato da Mario Draghi – l’Italia non soddisfa nessuno dei tre requisiti evidenziati invece per gli stati che hanno registrato buone performance, come Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro e Slovacchia.
L’ITALIA, IN BUONA sostanza, mostra sì un indicatore della disoccupazione in diminuzione, ma non è ancora abbastanza. I requisiti di una «riduzione significativa», quelli che al momento mancano al nostro Paese sono i seguenti: 1) dopo aver toccato il valore massimo, il tasso di disoccupazione scende di almeno 3 punti percentuali nell’arco dei tre anni successivi; 2) il calo del tasso di disoccupazione nell’arco dei tre anni è pari ad almeno il 25% del tasso iniziale; 3) a distanza di cinque anni il tasso di disoccupazione rimane inferiore rispetto al livello registrato all’inizio dell’episodio.
Queste le note dolenti, soprattutto per l’Italia, ma più in generale le prospettive di crescita dell’Europa sono abbastanza positive. Il Prodotto interno lordo del continente crescerà nel 2017 al 2,2% – dato rivisto al rialzo rispetto all’1,9% precedente – mentre restano invariate le stime per il 2018 e il 2019, rispettivamente all’1,8% e all’1,7%.
E CHI TRAINA LA RIPRESA? Le donne e – non farà piacere ai movimenti populisti e razzisti – gli immigrati. «Durante la ripresa l’immigrazione ha dato un ampio contributo positivo alla popolazione in età lavorativa, riflettendo soprattutto l’afflusso di lavoratori dai nuovi stati membri della Ue», dice il bollettino Bce. E «a sua volta, – prosegue – ciò ha verosimilmente avuto un effetto considerevole sulla forza lavoro, in particolare in Germania e Italia».
Quanto al contributo delle donne, la Banca centrale europea spiega che «l’aumento della forza lavoro durante la ripresa economica è stato trainato dalla partecipazione femminile», grazie anche a una percentuale di persone con istruzione terziaria più alta fra le donne che fra gli uomini.
RITORNANDO ALLE NOTE dolenti, c’è il tema dell’inflazione, a cui è legato anche il nodo che Draghi dovrà sciogliere entro fine ottobre: se e come proseguire nel programma di Quantitative easing. Il bollettino conferma l’andamento deludente dell’indice dei prezzi al consumo, che la Bce si aspetta fermo a un 1,2% medio nel 2018, ben lontano dal «quasi 2%» che per statuto deve perseguire.
Dunque non sarà facile il lavoro di Draghi da qui al 26 ottobre, data del consiglio direttivo in cui dovrà presentarsi con in mano un compromesso sul futuro del Qe. Le indiscrezioni parlano di una distanza ancora ampia fra i «falchi» che premono per un’uscita ben definita dal programma, e le «colombe» che potrebbero alla fine spuntare che agli acquisti di debito non venga fissato un termine irrevocabile. Se Draghi probabilmente preferirebbe prendere tempo, dall’altra parte a mettere pressione è l’effetto-scarsità dei bond acquistabili di alcuni paesi, a partire dalla Germania: anche con l’atteso calo del Qe a 40 miliardi al mese a partire da gennaio, non si andrebbe oltre l’estate 2018.
FONTE: Antonio Sciotto, IL MANIFESTO
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