Crisi coreana: Kim rilancia ma è sempre più isolato

Crisi coreana: Kim rilancia ma è sempre più isolato

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Ci risiamo: la Corea del Nord ha effettuato un nuovo lancio di missile, partito da Sunan, vicino alla capitale Pyongyang, alle 6.57 locali. Il missile ha raggiunto un’altitudine massima di 770 km, prima di cascare nell’Oceano Pacifico a 3.700 km di distanza. Secondo il ministro della difesa giapponese, essendo Guam a circa 3.400 chilometri dalle sponde della Corea del Nord, col lancio odierno, Pyongyang avrebbe avuto «in mente Guam».

PUÒ DARSI, ma la sensazione è che davvero nessuno a questo punto sappia davvero cosa ha in mente Kim Jong-un e quasi nessuno, al di là delle consuete risposte al lancio, con parole tra il muscolare e il diplomatico, sembra avere davvero in mente un piano reale, realizzabile per porre freno ai lanci e più in generale alla minaccia nucleare nord coreana. La situazione è bloccata e pare davvero difficile scorgere soluzioni possibili. Lo stato che sembrava avere maggiore accesso, potenzialità e strumenti per fare ragionare Kim era sicuramente la Cina.

PECHINO È SEMPRE APPARSA, fin dall’inizio della crisi, al centro della scena. La Cina però difende principalmente i propri interessi sia interni sia nell’area: ha quindi sempre posto la questione basandosi sui «due no»: no alla proliferazione coreana, no al sistema anti missile americano a Seul che secondo i cinesi più che proteggere i coreani, danneggerà le proprie comunicazioni. Per i cinesi il Thaad è uno strumento di pressione di spionaggio sulla Cina.

Questa è stata l’architrave su cui la Cina ha costruito la propria strategia. Il problema è che, via via che la crisi aumentava, è parso evidente una sorta di sovrastima da parte americana circa i reali contatti che Pechino ha a Pyongyang. Del resto Kim Jong-un e Xi Jinping non si sono mai incontrati, Kim ha fatto fuori tutti i funzionari che erano considerati vicini ai cinesi e come non bastasse questa sua continua attività di lancio e di test sta rischiando non solo di infiammare l’area ma di prospettare per il futuro un’Asia armata fino ai denti, cosa assolutamente non desiderata da Pechino.

NONOSTANTE QUESTO, nonostante i chiari segnali di un gioco di Kim che non favorisce la Cina, la dirigenza cinese continua a predicare prudenza e moderazione. Ma per certo a Pechino qualche domanda cominciano a farsela: proprio dopo il voto del’Onu mediato in modo forte da Cina e Russia per evitare sanzioni letali alla Corea del Nord, Kim lancia un nuovo missile. A questo punto per la Cina, prima responsabile della vita o meno del regime nord coreano, forse è necessaria una nuova strategia.

È QUANTO SUGGERISCONO alcuni accademici che di recente hanno scritto sulla crisi coreana, immaginando scenari che danno per scontato la fine – senza spiegare in alcun modo il metodo – del giovane leader coreano. Le epurazioni recenti di Xi nell’esercito potrebbero fare pensare, unitamente alla richiesta di alcuni professori di cominciare a ragionare su un «dopo» attraverso un dialogo con Usa e Corea del Sud, a un ripensamento generale della Cina sul proprio alleato. Ma da qui a credere che esista davvero un piano cinese per fare cadere Kim Jong-un ce ne passa.

LA SENSAZIONE È CHE PECHINO stia prendendo tempo, mentre si dice che negli scantinati del palazzo dell’Onu sia ripartito il «canale New York», nome dato alle trattative segrete tra Usa e Corea del Nord che sarebbero in corso, stando ai media statunitensi. Dopo il lancio di Kim Seul ha lanciato due missili in risposta a Kim.

PUTIN E MACRON hanno concordato, secondo quanto ha reso noto il Cremlino, che la crisi della Corea del Nord «deve essere risolta esclusivamente in modo diplomatico e politico, attraverso la ripresa di negoziati diretti». Gli Usa unitamente al Giappone hanno lavorato per organizzare una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu. Dapprima prevista a margine dell’Assemblea Generale, la prossima settimana, la riunione si è svolta invece a New York nella serata di ieri.

FONTE: Simone Pieranni, IL MANIFESTO



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