Casa, a Roma ancora sgomberi e impasse politica
E’ stato sgomberato, con denunce e multe da 2500 euro. Per la Questura gli attivisti volevano occuparlo. “Non è vero – rispondono – Volevamo segnalarlo. E’ in atto una repressione vergognosa. L’urgenza di usare gli stabili vuoti per l’emergenza abitativa non può essere rinviata”
ROMA. In via Ripetta c’è uno dei palazzi sequestrati alla mafia e abbandonato da anni che il ministro dell’Interni Minniti sostiene in teoria di volere usare per affrontare l’emergenza abitativa. In passato ha ospitato l’ospedale San Giacomo. Proprio qui, nel cuore di Roma, a pochi passi dall’accademia di Belle Arti, ieri pomeriggio i movimenti per il diritto all’abitare hanno convocato un’assemblea pubblica. Il loro presidio, composto da un centinaio di persone, è stato sgomberato con la forza e le persone convenute sono state respinte verso piazza del Popolo. E poi sono state disperse.
Dopo il violento sgombero dei rifugiati eritrei da piazza Indipendenza, e del presidio a piazza Venezia, nella Capitale vige la solita legge: non deve rimanere traccia visibile, nelle strade e nelle piazze, di quelle presenze umane, storie dolenti, soggettività non riconciliate. Nei fatti, questa politica dello struzzo, lascia intatte le premesse del caos prodotto nelle ultime settimane: il Comune a Cinque Stelle non vede, il prefetto non sente, il Viminale disegna scenari futuribili, la gente resta per strada nella città senza case e delle case senza gente. L’impasse politica è totale. E tragica.
Secondo la Questura di Roma l’intento dei manifestanti era quello di occupare la gigantesca struttura fatiscente. In realtà, come hanno spiegato i movimenti per la casa, l’intento era di denuncia contro “la scarsa disponibilità dell’amministrazione comunale ad affrontare con la dovuta serietà le nostre richieste. Indicare a parole, come si fa da tempo, caserme, stabili sottratti alla criminalità e alloggi sfitti, senza mettere in campo un percorso serio non dettato dall’emergenza e sostenuto dalle risorse stanziate dalla Regione Lazio, sta diventando inquietante e privo di una reale volontà verso soluzioni definitive”.
La risposta è stata la solita: i partecipanti al sit-in sono stati identificati e denunciati per manifestazione non autorizzata. In più riceveranno una multa da 2.500 euro per blocco stradale. A chi tra loro chiedeva di raggiungere in corteo piazza Venezia è stato opposto un divieto. A quel punto si sono seduti per terra, ma sono stati sgomberati a forza. Oggi, a mezzogiorno, in piazza SS. Apostoli dove prosegue la permanenza degli sgomberati da via Quintavalle a Cinecittà ci sarà una conferenza stampa dove i movimenti intendono denunciare le falsità contenute nella ricostruzione della Questura: “Vogliamo le bugie su quanto accaduto oggi a via Ripetta. Non è vero – sostengono – che volevamo occupare l’edificio vuoto, ma solo segnalarlo. La questura lo sapeva, avevamo fatto un comunicato. È una repressione vergognosa”.
La persecuzione nei confronti dei nuclei sgomberati dallo stabile di via Curtatone e l’assenza di soluzioni definitive anche per le famiglie di Cinecittà continua a produrre tensioni e gravi incertezze in una città dove si moltiplicano gli accampati. “Sul piatto alla fine rimane solo la linea della fermezza e lo scudo rappresentato da coloro che in graduatoria aspettano un alloggio popolare, come se non fossero le stesse persone che occupano per necessità stanche di un attesa decennale”, sostengono i movimenti. È un passaggio importante perché rovescia la fake news razzista: quella per cui gli occupanti abbiano trovato un modo per superare le graduatorie. Quando, invece, sono le graduatorie a non scorrere. Un motivo che spinge le famiglie più in difficoltà, anche quelle italiane, a scegliere l’opzione dell’occupazione.
FONTE: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO
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