Migranti in Libia: «Situazione drammatica», dice Sami dell’Unhcr
«La situazione dei migranti in Libia ha raggiunto livelli di sofferenza intollerabili. Per questo dobbiamo agire in fretta. Tanto velocemente ci si è mossi per fermare i flussi, altrettanto velocemente ora dobbiamo muoverci per aprire vie di ingresso legali in Europa». Carlotta Sami è la portavoce per il Sud Europa dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati.
Sami, l’Europa sembra scoprire adesso quello che in realtà si sa da sempre: in Libia i migranti vengono torturati.
L’Europa credo che sia perfettamente consapevole della situazione dei rifugiati in Libia, anche perché prima del rapporto di Medici senza frontiere ce ne sono stati altri da parte di agenzie delle Nazioni unite. Quella libica è conosciuta come una situazione estremamente critica, in cui ci sono sia centri di detenzione ufficiali che abusi e maltrattamenti operati da criminali. La gestione dei flussi migratori è sempre stata affidata a questo sistema di detenzione indiscriminata e indefinita.
Ora le istituzioni europee promettono di lavorare per cambiare la situazione. Non trova che sia un atteggiamento ipocrita?
In realtà credo che ci sia sempre stata l’intenzione di lavorare per cambiarla ma che ci sia stata un’enorme difficoltà a gestirla politicamente. Nell’ultimo vertice di Parigi per la prima volta è stato fatto un riferimento molto chiaro alla situazione deteriorata in materia di diritti umani e alla necessità di ristabilire un rispetto degli stessi in Libia. Dal nostro punto di vista, come Unhcr, sia dentro la Libia che fuori abbiamo continuato – e da aprile abbiamo incrementato – la nostra pressione affinché ci fossero delle alternative alla detenzione. Anche perché sappiamo che nei centri si trovano famiglie, bambini, persone vulnerabili. Ma sappiamo anche che ci possono essere delle soluzioni. Negli ultimi diciotto mesi siamo riusciti a far liberare da questi centri circa mille persone, in assoluto quelle più a rischio. Vogliamo continuare su questa strada per arrivare , nel più breve tempo possibile, a dei centri che siano aperti.
Anche il ministro Minniti ha promesso di impegnare per far rispettare i diritti umani in Libia. Ma è da giugno che la guardia costiera libica riporta indietro i migranti.
Come Unhcr abbiamo detto esplicitamente che la Libia non può essere considerata un porto sicuro. La nostra priorità è che le vite vengano salvate e riscontriamo come la Guardia costiera libica intercetti più persone in mare. Siamo più presenti nei punti di sbarco di migranti, ma il problema è che le persone che assistiamo vengono riportate nei centri di detenzione. Abbiamo anche ribadito molte volte quanto fosse importante la presenza delle Ong nel Mediterraneo e ci siamo espressi in maniera ancora più chiara dicendo che il fatto che siano diminuiti gli sbarchi non può far pensare che il problema sia risolto. Fermare gli sbarchi in realtà è solo una parte del problema, ma in realtà ci sono centinaia di migliaia di persone che continuano a languire e che soffrono ancora di più.
L’Unhcr non ha risparmiato critiche a quanto accade in Libia. Adesso sia l’Italia che l’Ue vi indicano come garanti per il rispetto dei diritti umani dei migranti. Non avete paura di essere usati?
Sappiamo per esperienza che ogni situazione umanitaria è piena di difficoltà e ambiguità. Ti trovi sempre davanti a un dilemma: è più o meno rischioso intervenire o tenersi da parte? Riteniamo che la situazione in Libia abbia raggiunto una gravità tale per le persone che se noi ci poniamo come nostro obiettivo principale quello di ridurre la sofferenza non possiamo non esserci. Detto questo la nostra strategia ha alcuni binari principali: riuscire a migliorare le condizioni dei migranti mirando a una gestione di centri aperti, che significa assistere le persone quando vengono intercettate in mare. Ma assistere anche i libici, perché ce ne sono più di 200 mila senza casa e senza alcun tipo di supporto.
Oggi (ieri, ndr) la denuncia di Msf, pochi giorni fa è stata Moas ad annunciare la sospensione di salvataggi perché i migranti vengono riportati in Libia, C’è una forte presa di distanza delle organizzazioni umanitarie da quanto sta facendo l’Europa.
Per noi il ruolo delle Ong è sempre stato molto rilevante, ma è vero che la situazione sul terreno è cambiata. Sappiamo che se l’intento di qualsiasi politica è solo quello di fermare le persone allora è poco sostenibile, perché bisogna attuare una seria attività di contrasto ai trafficanti e nel contempo aprire delle vie legali di accesso all’asilo. E’ per questo abbiamo chiesto all’Europa di prendere, almeno inizialmente, 40 mila rifugiati fra i più vulnerabili. Verifichiamo la diminuzione degli arrivi in Italia, ma per noi è troppo presto per trarre delle conclusioni I trafficanti stanno cercando nuove rotte, ma intanto sappiamo per certo che in Libia i migranti sono abbandonati a se stessi per un periodo di tempo più lungo e in proporzione a questo sappiamo che le loro vulnerabilità continueranno ad aumentare. Sono più soggetti ad abusi, maltrattamenti, detenzioni. Questo ci impone di aprire delle vie legali velocemente. Tanto velocemente abbiamo agito per fermare il flusso, altrettanto velocemente ora dobbiamo agire per aprire delle vie legali per l’asilo.
FONTE: Carlo Lania, IL MANIFESTO
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