by Emanuele Giordana | 1 Settembre 2017 9:26
Intanto riprendono i raid e aumentano i morti tra i civili. I talebani: l’ostacolo alla pace sono le truppe straniere
A partire dal 22 agosto, a far data dall’esposizione del nebuloso piano per l’Afghanistan da parte del presidente Donald Trump, la strategia americana è diventata ogni giorno più chiara con raid assai meno mirati che in passato e con minor attenzione alle vittime civili. Nel contempo il balletto sull’aumento delle truppe è diventato ieri una realtà che sembra una presa in giro.
A dimostrazione di un’amministrazione più «trasparente», il generale Kenneth McKenzie, direttore del joint staff al Pentagono, ha spiegato ai giornalisti che i soldati americani in Afghanistan non sono 8.400 come si è sempre detto ma 11mila.
Solo… 2.600 soldati in più di quel che si è sempre saputo. Bizzarria contabile o tassello della «nebulosa Trump», quella che McKenzie ha definito una «nuova semplificazione metodologica di conteggio» traccia un bilancio di «approssimativamente» 11mila soldati, cosa che «non include altri futuri aggiustamenti che la Difesa potrà fare per adempiere alla nuova strategia del presidente per l’Asia del Sud». Insomma, di stivali sul terreno ne potremo vedere di più. Cosa faranno?
Subito dopo il discorso del presidente gli aerei americani hanno iniziato a riscaldare i motori. Non è una novità: almeno dall’agosto 2015 le missioni si sono intensificate ma adesso si va ancor meno per il sottile. Lunedì 28 agosto un raid aereo nel distretto di Zerkoh (Herat, zona sotto giurisdizione italiana) ha ucciso almeno 13 civili.
I dettagli sono vaghi: gli aerei colpiscono una base talebana e la guerriglia si rifugia nelle abitazioni civili poco lontano. Ripartono i raid uccidendo, alla fine, un numero quasi uguale di guerriglieri e civili.
Lo stesso mercoledì 30 a Pul-e-Alam, capitale della provincia di Logar: sul terreno ci sono talebani, morti o feriti, ma anche 11 civili uccisi con altri feriti. La Nato conferma le «potenziali vittime civili» e apre un’inchiesta. Non è la prima e non sarà l’ultima.
Ufficialmente i bombardamenti li fanno solo aerei americani ma la prudenza è d’obbligo. Le forze Nato, Italia compresa, hanno in dotazione aerei ed elicotteri che possono sia sganciare bombe sia utilizzare salve micidiali di proiettili.
Gli americani del resto non nascondono il fatto che l’attività muscolare sarà in aumento, soprattutto dal cielo, strategia inaugurata con Obama e ora proseguita da Trump.
La stampa locale dà intanto notizia del messaggio augurale di mullah Hebatullah Akhundzada, a capo della guerriglia talebana, in occasione di Eid («festa del sacrificio» iniziata ieri sera). Nel messaggio reso noto mercoledì Akhundzada sostiene che «il maggior ostacolo per la pace è l’occupazione straniera» e puntualizza che i talebani hanno in mano ormai metà del Paese.
Il mullah capo contesta dunque le affermazioni di John Nicholson, il comandante americano delle truppe Usa e Nato, secondo cui Kabul controllerebbe il 62% del territorio e i talebani solo il 10%: il resto sarebbero zone «contese». Ognuno fa la sua propaganda.
Il governo di Kabul invece tace. Non ha preso le posizioni forti che Karzai, il predecessore del governo Ghani-Abdullah, era solito reiterare quando c’era una strage di civili.
A Kabul sono troppo contenti che Trump non abbia mollato e che dunque denaro fresco sia per ora garantito all’asfittico governo afghano i cui consensi sono al lumicino. Viene da chiedersi quanto questi consensi aumenteranno con quella che si annuncia una stagione di nuove vittime tra la popolazione civile.
Ogni anno la percentuale aumenta e con Trump non decrescerà nella guerra più lunga che gli americani (e noi con loro) combattono nel Paese dell’Hindukush.
FONTE:
IL MANIFESTO[1]Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/09/94287/
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