A Roma basta accoglienza: profughi nei parchi
ROMA. «A Roma siamo al limite, basta accoglienza», disse un paio di mesi fa la sindaca Virginia Raggi. «I migranti servono soltanto ad incrementare il business dell’accoglienza», recita il mantra grillino. Però l’era pentastellata in Campidoglio non ha portato grandi cambiamenti dal punto di vista dell’efficienza e della distribuzione delle risorse. Un rapporto della cooperativa In Migrazione mette insieme alcuni dati. Dal primo luglio mancano 786 posti per richiedenti asilo e rifugiati nel sistema di accoglienza Sprar di Roma Capitale. Accade per la prima volta dopo anni: l’Ufficio immigrazione del comune di Roma non riesce a soddisfare le legittime richieste di accoglienza e le liste di attesa si presentano come disperanti elenchi senza fine.
Roma ha ottenuto, come nel triennio precedente, 2.774 posti d’accoglienza. «Siamo già intervenuti per decongestionare alcune aree della città, che presentavano da anni un’elevatissima densità in termini di accoglienza», si giustifica l’assessora alle politiche sociali Laura Baldassarre. Ma non si tratta di cifre astronomiche, non c’è nessuna invasione o emergenza: siamo davanti allo 0,1%, della popolazione romana certificata. Stiamo parlando di meno di un richiedente asilo ogni mille romani. «Di questi 2774 posti, la giunta Raggi è riuscita ad affidarne attraverso procedura pubblica soltanto 1988 – recita il rapporto – Mancano quindi all’appello ben 786 posti accoglienza». Si dirà che gli enti locali non hanno soldi e che le priorità sono altre, in tempi di austerity e patti di stabilità. Ma questi centri non gravano in alcun modo sui disastrati bilanci comunali, sono finanziati dal ministero dell’interno. Per di più, l’amministrazione capitolina ha deciso di scaricare sui gestori dei centri anche il 5% di quota di cofinanziamento che era previsto versasse l’ente locale. «Si contano quasi 800 posti in meno che destabilizzano il sistema di accoglienza cittadino e che si traducono in 786 richiedenti asilo e rifugiati che hanno diritto a servizi che invece non ricevono. Persone abbandonate a loro stesse, accampate nella città in attesa che si liberi un ambito posto in accoglienza», denunciano da In Migrazione. È l’altra faccia di una scelta politica ben precisa, che da mesi lamentano i volontari di Baobab. «Siamo davanti a una situazione gravissima che è sotto gli occhi di tutti – spiega Marco Omizzolo, responsabile scientifico di In Migrazione – basta girare per la città per vedere richiedenti asilo e rifugiati sopravvivere in giacigli di fortuna, dormire nei parchi e nelle strade in una situazione di totale abbandono».
C’è poi la questione della gestione dell’accoglienza. Dopo l’inchiesta di Mafia Capitale, e la scoperta di una rete di cooperative che gestivano in regime di quasi monopolio i fondi per l’accoglienza, ci si sarebbe aspettato una maggiore distribuzione delle risorse e la scrittura di bandi che favorisse anche nuovi attori. Invece scopriamo che almeno dal punto di vista della assegnazione degli appalti ancora esiste qualche anomalia. Quasi il 70% dei posti di accoglienza sono stati affidati alla Cooperativa Tre Fontane, collegata alla Cascina e alla Domus Caritatis, un tempo considerate molto vicine alla Compagnia delle Opere, che gestiscono 1069 posti, cioè il 54% del totale per un importo annuo di poco meno di 13 milioni di euro. In seconda battuta, ma molto più in giù, figura la cooperativa Eriches 29. che si aggiudica 279 posti, il 14% del totale, per un importo annuo di 3 milioni e 400 mila euro circa.
Dopo anni di discorsi sull’accoglienza diffusa e sulla prefenza verso progetti pensati per centri piccoli e più facilmente gestibili, Roma lascia il posto a strutture grandi e centralizzate. Ben 1255 uomini e donne vivono in 14 centri di grandi dimensioni, che contano cioè oltre 60 posti. E solo sette centri d’accoglienza accreditati dallo Sprar di Roma Capitale ospitano oltre 100 richiedenti asilo e rifugiati. «Roma, città includente e generosa ha perso una grande occasione: quella di concorrere attivamente a diventare modello dell’accoglienza di qualità – conclude Marco Omizzolo – con questo bando che ha premiato le grandi concentrazioni in pochi centri di accoglienza la capitale si candida alla maglia nera dello Sprar italiano». «Siamo davvero ben lontani dall’idea di Roma città aperta, accogliente e solidale», dice la consigliera regionale di Insieme per il Lazio, Marta Bonafoni.
FONTE: Giuliano Santoro, IL MANIFESTO
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