Dall’«11-M» di Atocha alle stragi di Nizza e Berlino
Lo sgomento di fronte ai fatti accaduti ieri a Barcellona ha riportato alla memoria l’11 marzo del 2004, quando la Spagna subì il suo più grave attentato terroristico.
Allora, verso le 7.30, diverse esplosioni furono sentite nella capitale spagnola: erano il risultato di dieci esplosioni provocate da bombe poste su treni regionali in diversi luoghi della rete ferroviaria di Madrid.
LE BOMBE ESPLOSERO quasi nello stesso tempo, tra le 7.36 e le 7.40: erano state sistemate su quattro treni tra le stazioni di Alcalá de Henares e la Atocha, lo snodo ferroviario più grande, più utilizzato e più noto di Madrid. I fatti, passati ormai alla storia come «11-M», provocarono 191 morti e migliaia di feriti. L’orario delle esplosioni fu voluto dagli attentatori proprio per causare più morti possibili e colpire il numero ingente di pendolari che si trovava sui vagoni per andare al lavoro.
L’EVENTO FU SEGUITO da una clamorosa polemica politica che costò la carriera all’allora primo ministro spagnolo Aznar, al potere da otto anni. Il premier decise di attribuire subito la reponsabilità all’Eta basco. Pochi giorni dopo ci sarebbero state le elezioni legislative. Subito dopo i fatti un portavoce del governo spagnolo aveva affermato che si trattava «di un attentato contro la democrazia organizzato dalla banda criminale di assassini dell’Eta basca». Il ministro dell’interno spagnolo Angel Acebes aggiunse poco dopo che l’Eta «ha raggiunto il suo obiettivo perpetrando un massacro» a Madrid. Seguirono giorni di lutto nazionale, grandi manifestazioni contro il terrore e contro l’Eta. L’organizzazione basca e il suo braccio politico Batasuna smentirono un loro coinvolgimento, mentre cominciava a farsi largo l’ipotesi di un attentato di matrice islamica. Tre giorni dopo – infatti – arrivò una rivendicazione da parte di un gruppo vicino ad Al Qaeda. Aznar perse le elezioni, Zapatero le vinse.
Nel 2007 la commissione di inchiesta voluta dal governo stabilì le responsabilità di 21 persone gravitanti nell’orbita di Al Qaeda.
PRIMA DI QUESTO ATTENTATO che portò sulla strada milioni di spagnoli in segno di protesta, la Spagna era stata colpita in precedenza da attentati di matrice politica, effettuati dal gruppo basco Eta. Nel 1987 ci furono diversi attentati, compreso uno a Barcellona proprio nei pressi della Corte Ingles, vicino a Plaza Catalunya che provocò 21 morti. Nel 1992 fu la volta di un’autobomba che esplose nel centro di Madrid. La modalità dell’attentato di ieri a Barcellona, inoltre, richiama alla memoria più recenti attacchi effettuati con la stessa modalità, ovvero con l’utilizzo di un mezzo motorizzato lanciato sulla folla. Del resto gli attentati realizzati utilizzando i veicoli – camion, van o auto – furono codificati nel 2016 proprio nel magazine on line dell’Isis, «Rumiyah»; il 2016, esattamente l’anno in cui i miliziani misero a segno le stragi di Nizza e di Berlino.
QUELLO FRANCESE è stato infatti il caso più eclatante. Giovedì 14 luglio 2016 un camion si scagliò contro la folla sulla promenade des Anglais a Nizza: erano in corso i festeggiamenti per la festa nazionale francese. Attentato rivendicato dall’Isis, procurò 87 vittime. Nel dicembre 2016 tocca a Berlino: il tunisino Anis Amri alla guida di un camion rubato investe e uccide 12 persone in un mercatino natalizio. Con lo stesso metodo, nel giugno di quest’anno un inglese di 47 anni, si è scagliato con un’auto contro un gruppo di musulmani fuori da una moschea. Un attentato islamofobo che ha provocato un morto.
FONTE: Jaume Balaguer, IL MANIFESTO
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