by Carlo Lania | 29 Agosto 2017 8:47
Campi profughi in Niger e Ciad, addestramento di personale dei due paesi africani per arrivare alla costituzione di una guardia di confine lungo la frontiera con la Libia. Ma anche trasferimenti dalla Libia direttamente nei Paesi di origine dei migranti, un ulteriore rafforzamento della guardia costiera di Tripoli e sostegno economico ai Paesi di transito, perché si adoperino nel contrasto dell’immigrazione irregolare.
A Parigi, in un vertice che vede riuniti i leader di Francia, Spagna, Italia e Germania con quelli di Libia, Ciad e Niger, l’Unione europea fa sua la linea indicata dal governo italiano per fermare i flussi diretti nel nostro Paese e, in questo modo, sposta ancora più a sud i suoi confini. Non più il Mediterraneo, non più la Libia – che nonostante la sua instabilità resta un punto di riferimento – ma Ciad e Niger, due Paesi che sono altrettanti punti di passaggio per quanti fuggono da miseria e persecuzioni e ai quali, adesso, si chiede di sigillare ulteriormente le proprie frontiere in cambio di aiuti allo sviluppo. Una linea che, prima ancora che al vertice francese, è stata confermata in un incontro che si è tenuto in mattinata al Viminale tra il ministro degli Interni Marco Minniti e i colleghi di Ciad, Mali e Niger nel quale è stata decisa la costituzione di una task force tra le polizie dei quattro Paesi.
E’ nei prossimi mesi che il «piano d’azione» messo a punto ieri a Parigi diventerà operativo. A spiegarlo è stato il presidente francese Emmanuel Macron sottolineando come, negli sforzi per contenere i migranti, non sia escluso un contributo militare da parte delle forze del G5 Sahel. «Allo scopo – ha spiegato – di mettere in sicurezza le frontiere all’interno del G5, misure che sono oggetto di vari milioni di euro di finanziamento a livello Ue».
Le prossime tappe prevedono un nuovo vertice in autunno da tenersi in Spagna prima di arrivare a novembre, quando si terrà il previsto summit tra Ue e Unione africana. Ma la strada – che punta alla chiusura la rotta del Sahel per chiudere definitivamente quella del Mediterraneo centrale, è ormai tracciata.
Ai paesi africani, ha spiegato Macron, l’Unione europea garantirà dotazioni economiche, di personale e di mezzi: jeep e sistemi radar per controllare i confini terrestri, addestramento del personale sono gli obiettivi a breve termine, ai quali faranno seguito finanziamenti destinati a progetti allo sviluppo. Come quelli su sanità e istruzione che l’Italia si è impegnata a finanziare ai sindaci libici e che sabato scorso, in un incontro al Viminale, sono stato consegnati al ministro Minniti.
Da tutti i partecipanti al vertice è stata sottolineata la necessità che si arrivi al più presto a una stabilizzazione della Libia, così come quella di riformare il regolamento di Dublino. A rimanere invece sullo sfondo, se non a parole, è come al solito la questione più delicata, vale a dire il rispetto dei diritti umani dei migranti. Era stato garantito per quelli detenuti nei centri di detenzione in Libia, – e oggi tutti sanno che non è così, al punto che ieri il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha chiesto alle autorità libiche di «rilasciare immediatamente» i migranti più vulnerabili. Ora viene garantita per i campi che verranno allestiti in Ciad e Niger e che dovrebbero essere gestiti dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) e dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
«Abbiamo preso atto – ha assicurato sempre Macron – di poter avere un trattamento umanitario all’altezza delle nostre aspettative». Scopo dei campi sarà quello di selezionare i migranti dividendoli tra economici e quanti invece hanno diritto a presentare domanda di asilo. In Niger, come in Ciad e soprattutto in Libia, ha spiegato Macron, «l’identificazione degli aventi diritto avverrà su liste chiuse dell’Unhcr».
Ci vorrà qualche mese per capir se il piano d’azione messo a punto ieri a Parigi risponderà ai desideri europei oppure no. Tutto dipenderà anche da quanto l’Europa sarà disposta a investire in Africa, come ha ricordato ieri il presidente del Ciad Idriss Deby, presente anche lui al vertice. «Cos’è che spinge i giovani africani ad attraversare il deserto a rischio della vita?», ha chiesto. «E’ la povertà, la mancanza di istruzione. Il problema resterà sempre lo sviluppo, c’è bisogno di risorse».
FONTE: Carlo Lania, IL MANIFESTO[1]
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