Idranti e manganelli contro i rifugiati a Roma
ROMA. «Neanche gli animali vengono trattati così. Ci hanno inseguito con i manganelli e gli idranti fino alla stazione Termini, ci hanno picchiato. Io vengo dall’Eritrea, sono scappata dalla dittatura ma ti dico una cosa: io lì non mai subito una violenza come quella di oggi». Quasi urla Woelte mentre mostra il braccio con i lividi delle manganellate. Come gli altri eritrei e etiopi sgomberati sabato scorso dal palazzo di via Curtatone a Roma anche lei ieri mattina stava dormendo nei giardinetti di piazza Indipendenza quando, verso le sei, sono arrivati polizia e carabinieri. Blindati, lacrimogeni, manganelli e perfino un cannone ad acqua. Uno spiegamento di forze giustificato dalla Questura con il fatto che il gruppo di rifugiati, un centinaio tra uomini e donne accampati dai sei giorni al centro della piazza, sarebbe stato in possesso «di bombole a gas e bottiglie incendiarie». In realtà a parte il gesto scellerato di un uomo che ha lanciato una bombola del gas da una finestra dello stabile occupato, la resistenza alle cariche delle forze dell’ordine è stata minima. A fine mattinata Medici senza frontiere fa sapere che sono almeno 13 i rifugiati feriti, mentre la procura si prepara ad aprire un’inchiesta in cui si ipotizzano i reati di tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale in relazione «al lancio di bombole di gas, sassi e altri oggetti contro le forze dell’ordine». Quattro i rifugiati fermati.
E’ finita come peggio non avrebbe potuto l’occupazione storica di via Curtatone. Dietro la scelta di far intervenire le forze dell’ordine – certamente avallata dal Viminale – c’è probabilmente anche la decisione presa dagli ex occupanti di respingere le proposte di sistemazioni alternative avanzate mercoledì dalla prefettura di Roma. Ma è chiaro che le scene di violenza viste ieri, con donne a bambini terrorizzati fatti salire sui pullman e portati via, quasi sicuramente non ci sarebbero state se il Campidoglio avesse fatto la sua parte.
E’ ancora buio quando i primi mezzi blindati entrano in piazza Indipendenza e gli agenti ordinano ai rifugiati di andare via. Non c’è tempo per fare niente: non per prendere le proprie cose, figuriamoci per discutere. L’ordine è categorico e infatti partono subito le prime cariche con l’appoggio del cannone ad acqua che spazza via tutto e tutti. Il gruppo di rifugiati prova a reagire lanciando qualche bottiglia, ma è spinto dagli agenti verso la vicina via Goito.
Tre ore dopo, verso le nove, la replica. Sulla piazza si presenta un gruppo di donne. Vorrebbero recuperare le borse e i vestiti che nella fuga hanno lasciato nei giardinetti. Niente da fare. «Dovete andare via», intima un poliziotto. «Va bene ma dove? Dove vado?» chiede una di loro. E’ anziana, ha un vestito colorato, non sembra pericolosa e mentre parla le altre donne si inginocchiano a terra, le braccia alzate in segno di resa. Concetto evidentemente troppo difficile da capire per un cannone ad acqua. Che infatti non lo capisce. Il getto d’acqua solleva letteralmente da terra una signora per sbatterla sull’asfalto. In un video che mostra la scena si vede che respira a fatica, come se stesse affogando. Una violenza inutile, ingiustificata ed esagerata. «E’ rimasta ferita, siamo riusciti a farla trasportare in ospedale» racconta Stefano Spinelli, uno dei medici di Msf che da sabato, giorno dello sgombero, assistono i rifugiati. «Ho soccorso altre due persone che avevano traumi da manganello agli arti, una persona con il gomito sicuramente rotto», prosegue Spinelli.
Alle 11 tocca alle donne e ai bambini rimasti all’interno del palazzo occupato. «Andate via, andate via» urlano inutilmente agli agenti. Vengono trasportati tutti all’ufficio stranieri, con i bambini che urlano terrorizzati. Un episodio che Unicef e Save the Children condannano duramente. «Alcuni testimoni ci hanno raccontato che i bambini continuavano a gridare e a battere le mani sui vetri durante tutto il tragitto» denuncia il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini.
Quello che succede dopo è la naturale conseguenza di una giornata fallimentare per tutte le istituzioni, nazionali e cittadine. I rifugiati bloccano per un po’ il traffico davanti alla stazione per poi inscenare un mini corteo con conseguente carica della polizia che si sposta con i blindati in mezzo a turisti e passeggeri. In un altro video è possibile sentire un funzionario ordinare agli agenti: «Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio». Una frase sulla quale adesso la Questura ha aperto un’inchiesta.
Ieri sera un gruppo di rifugiati è tornato nei giardini di fronte alla stazione. «Noi da qui non ce ne andiamo», dice un ragazzo. E’ possibile che stamattina possano rientrare nel palazzo di via Curtatone per recuperare le proprie cose, ma poi torneranno in strada. Dove è probabile che siano destinati a rimanere «Di fronte a una simile situazione – commenta il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti umani del Senato – emerge drammaticamente l’incapacità della giunta comunale di Roma di offrire un piano abitativo capace di trovare una sistemazione civile per i profughi e per le famiglie romane che hanno bisogno di un alloggio». In questi giorni Manconi ha sentito più volte il ministro degli Interni Minniti. «Ho ricavato la convinzione – dice – che non intenda autorizzare nuovi sgomberi se non in presenza di soluzioni abitative alternative».
FONTE: Carlo Lania, IL MANIFESTO
Related Articles
Italia: è legge il decreto rimpatri, “norma ingiusta e inefficace”
Proteste dei reclusi in un Cie – Foto: altracitta.org
Il 2 agosto il Senato ha convertito in legge il “decreto rimpatri” che allunga da 6 a 18 mesi il limite massimo della detenzione nei Centri di identificazione e espulsione (Cie).
La legge – approvata con 151 voti favorevoli (Pdl, Lega Nord e Coesione nazionale), 129 contrari (Pd, Idv, Udc, Per il Terzo Polo Api-Fli) e nessun astenuto – di conversione (in .pdf) del decreto-legge prevede alcune piccole modifiche al testo iniziale del decreto-legge (in .pdf) ed entrerà in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. La legge, inoltre, estende da 5 a 7 giorni il termine entro il quale uno straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del Questore, nel caso non sia stato possibile il trattenimento presso i centri.
In Ucraina una «Guantanamo» neofascista
L’ex agente segreto Prozonov svela l’esistenza di prigioni speciali gestite dal battaglione Azov presso il fronte del Donbass
L’Austria prepara una grande esercitazione anti-migranti ai confini
Più di mille agenti e soldati mobilitati al confine con la Slovenia. Che non gradisce e protesta