L’Onu contro il Codice Minniti: «Rischio aumento delle morti»
Fatto proprio dall’Unione europea, il Codice di comportamento per le Ong messo a punto dal Viminale preoccupa fortemente l’Onu che avvertono: il sistema di salvataggi messo a punto nel Mediterraneo, e del quale il Codice fa parte, «rischia di portare a un aumento delle morti» tra i migranti e viola i loro diritti umani.
Il giudizio negativo arriva da due esperti di diritti umani dell’Onu, il relatore per i diritti dei migranti Felipe Gonzales Morales e quello contro la tortura Nils Melzer, che non risparmiano critiche al governo italiano che accusano di provare a «intrappolare immigrati e rifugiati in Libia».
Le Ong e le sue imbarcazioni costituiscono circa il 40% di tutte le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo. Per i due esperti, la soluzione per ridurre la pressione generata dall’arrivo nell’Unione europea di centinaia di migranti a settimana «non è restringere l’accesso alle acque internazionali o sparare per minacciare le imbarcazioni, come pare che la Libia abbia fatto ripetutamente, perché questo porterebbe più morti e va contro l’obbligo di salvare persone alla deriva».
Secondo entrambi gli esperti, ciò che la Commissione europea sta provando a fare è «spostare le frontiere europee in Libia», contravvenendo però così al diritto internazionale, che sancisce che gli immigrati devono potere sbarcare nel porto più vicino e in cui le loro vite non siano minacciate. «La Libia non può essere vista come un luogo sicuro per sbarcare, la politica dell’Ue nega questo», lamentano Gonzales e Melzer. Fra i rischi che i migranti affrontano in Libia, dove sono attive organizzazioni criminali di traffico di esseri umani, ci sono la detenzione arbitraria, nonché tortura e morte.
Critiche al Codice per le Ong è stato espresso anche da un’altra esperta delle Nazioni unite, Agnes Callamard, per la quale «attraverso il Codice l’Italia e l’Unione europea stanno imponendo delle procedure che potrebbero ridurre la capacità delle Ong di effettuare la loro attività di salvataggio». Come i suoi colleghi, anche Callamard non condivide la decisione di riportare i migranti in Libia, paese nel quale subiscono violenza e continue violazioni dei loro diritti umani. «Alcuni di loro sono stati deliberatamente uccisi – ha spiegato l’esperta – altri stanno morendo come conseguenza delle torture subite, per la malnutrizione e per la mancanza di cure».
FONTE: IL MANIFESTO
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