Liquidi e orizzontali: saranno i movimenti a «governare» i partiti tradizionali
Come cambia la politica negli Usa
NEW YORK. Durante gli ultimi dieci anni negli Stati uniti si è assistito alla nascita di due correnti opposte di movimenti, una di destra che fa capo al Tea party e una di sinistra, che prende vita da Occupy Wall Street.
QUESTE DUE CORRENTI si sono evolute, dato vita e sostenendo altri movimenti, come, a sinistra, Black Lives Matter, entrando così in politica e facendo pressione su i candidati e creandone di nuovi.
Quello che si è visto durante le presidenziali del 2016 è stata una forte radicalizzazione della base di entrambi i partiti, che da una parte ha prodotto Donald Trump e dall’altra si è riconosciuta in Bernie Sanders i cui addetti alla comunicazione erano tutti attivisti del movimento newyorchese.
Ora queste due vecchie e novecentesche espressioni della politica che sono il partito repubblicano e quello democratico, tradizionalmente non poi così tanto diversi, si trovano a dover fare i conti con una base che si è progressivamente estremizzata e che l’establishement non è più in grado di rappresentare.
POCHI GIORNI FA Elizabeth Warren, una delle voci della sinistra americana, rivolgendosi al proprio partito, ha chiaramente detto che per sopravvivere deve lasciare il centro moderato ormai ridotto al lumicino, ed abbracciare le posizioni liberal.
A questa conclusione era evidentemente già arrivato Trump superando a destra il già «destrosissimo» leader del tea party Ted Cruz, tanto è vero che i suprematisti bianchi che hanno sfilato in Virginia hanno affermato in diverse dichiarazioni pubbliche di sentirsi rappresentati e difesi da un presidente che, a differenza dalla maggior parte del paese, sentono loro. Quella di abbracciare l’estrema destra razzista e impresentabile è stata la brillante intuizione elettorale di Trump, ma rischia ora di divenire la prigione che lo sta ulteriormente isolando.
PERSO PER 3 MILIONI di preferenze il voto popolare, a capo di un partito super tradizionalista di cui non ha mai fatto parte, Donald Trump si trova ora a non avere l’appoggio né dei repubblicani, né del Pentagono che puntualmente getta acqua sui suoi fuochi di guerra e, non riuscendo a far passare le leggi promesse, si è alienato il sostegno di quella parte di votanti che l’ha scelto sulla spinta di una frustrazione e insicurezza economica che li aveva destabilizzati.
A SOSTENERE TRUMP ora sono rimasti quelli che tutto il mondo ha visto fare il saluto nazista e inneggiare alla razza bianca: una piccola fetta d’America che non ha mai potuto parlare in pubblico, che è stata spinta dal Tea party ma che nemmeno nel Tea party era mai riuscita a trovare lo spazio necessario per affermarsi, tanto è vero che Ted Cruz ben prima di Trump ha condannato i suprematisti bianchi.
Ora sarà compito dei movimenti riuscire a governare i partiti che, in modo simile, fronteggiano una crisi d’identità profonda.
«Se i movimenti sono sani, la politica sarà sana» ripete il reverendo Sekou, pastore protestante gramsciano, militante di Black Lives Matter e una delle voci più interessanti di questa ondata politica americana.
I MOVIMENTI sono profondamente cambiati: non hanno più bisogno di leader, preferiscono l’orizzontalità, fanno a meno dei media mainstream comunicando tramite canali autogestiti, non sono un soggetto parlato ma parlante.
Tutto questo processo accade mentre i due partiti tradizionali arrancano, non riconoscendo più la propria faccia allo specchio.
FONTE: Marina Catucci, IL MANIFESTO
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