Giulio Tremonti: «Vietato illudersi, a dieci anni dalla crisi i rischi sono ancora lì»

Giulio Tremonti: «Vietato illudersi, a dieci anni dalla crisi i rischi sono ancora lì»

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ROMA «Dal 2007 a oggi le cause della crisi sono ancora tutte lì. Se allora c’erano numeri eccessivi, oggi sono esplosivi. La liquidità eccessiva che ha causato la crisi dieci anni fa, oggi è esponenzialmente superiore. La finanza sta subendo una mutazione genetica spaventosa. Ci sono tutti gli elementi in cui nascono le famigerate “bolle”».

Professor Tremonti, a dieci anni dall’esplosione della crisi siamo davvero di nuovo sull’orlo del baratro?

«Per la verità già nel 2006, sul Corriere , avevo cominciato a parlare della crisi. Era difficile prevedere in che anno e in che banca sarebbe esplosa, ma i presupposti erano già evidenti. Ora bisogna capire. Siamo in agosto, come nel 2007, e nella tradizione le crisi scoppiano in questo mese, fatalmente negativo. E siamo nella ricorrenza del decennale. C’è un terzo elemento di identità col passato, ed è l’assoluta tranquillità di tutti».

Vuol dire?

«Si va in vacanza con una serie di indicatori tutti positivi, in un’atmosfera assolutamente distesa. Ma ignorare l’elemento/criterio della precauzione, fondamentale principio della ragione, è un errore soprattutto quando non è solo questione di mesi o ricorrenze, ma siamo davanti a un ottimismo acritico. Nell’agosto del 2007, quando emergono, i primi fattori di scompenso vengono totalmente sottovalutati. La vera crisi esplode con Northern Rock nel maggio del 2008, ma anche allora si parlava di crisi circoscritta, congiunturale, non strutturale. Davanti alla Bastiglia Luigi XVI chiese se era in corso una rivolta, gli risposero che era una rivoluzione, ma lui continuò a pensare alla sommossa, e si sa come è finita. Un minimo di riflessione sulla situazione attuale andrebbe fatta».

È appena tornato da un ciclo di seminari negli Stati Uniti, che idea si è fatto?

«Nel 2007 l’eccesso di liquidità fu la causa della crisi, con i prestiti subprime e i prestiti Ninja . C’era un eccesso di finanza incontrollata. Rispetto ad allora ci sono due differenze. Quantitativamente: i numeri del 2007 erano eccessivi, adesso sono esplosivi. Qualitativamente: tra i soggetti della finanza è in atto un’incredibile, accelerata, mutazione della specie».

Torniamo al suo videogioco con i mostri spaziali?

«Oggi mi pare perfino ingenua quell’immagine».

In cosa consiste questa mutazione e a cosa si deve?

«Adesso il passaggio decisivo è la rete, che è diventata la patria di questo nuovo mondo, che fa superare i confini politici nazionali e quello della realtà. Con la rete si supera la distinzione tra realtà fisica e virtuale. Già nel Faust di Goethe l’uomo passa dall’oro estratto dalla miniera alla cambiale, alla ricchezza di carta. Ma ora questo passaggio è ancora più radicale, totale. Quello che era un processo che si sviluppava nella realtà misurata dalla stessa moneta nella rete si distacca completamente, seguendo iperboliche sequenze di algoritmi. Il mondo per millenni ha vissuto il conflitto tra l’imperatore, il potere politico, e Creso, il potere economico. Adesso, per la prima volta nella storia, Creso batte l’imperatore».

E dunque il potere è in mano alla finanza?

«Data la magia della rete Creso comanda tenendo insieme la tecnica e il capitale, ed è in questa sequenza che avvengono le mutazioni rivoluzionarie cui stiamo assistendo. Il bitcoin, le monete virtuali… Ibridazioni e mutazioni genetiche. L’e-commerce diventa banca, la logistica fa la finanza. Se so che cosa compri posso favorire altri tuoi acquisti. Una volta c’era il credito al consumo, oggi c’è il consumo per il credito. Sta nascendo una nuova antropologia digitale. Se conosco la tua domanda la determino. E questo meccanismo, per inciso, si estenderà, anche al voto politico. Se io so che cerchi su Internet i cataloghi di armi, posso immaginare che tu sia repubblicano».

Il principe che batte moneta ha perso tutto il potere?

«Siamo mille a zero per Creso. Non c’è più differenza tra la moneta che le banche centrali hanno inventato oltre misura, e le cripto-monete dell’economia digitale. È così che i banchieri centrali oggi mi ricordano i generali francesi che guardavano, al sicuro e soddisfattissimi, la Linea Maginot, ignorando la forza politica del motore a scoppio. Dalla crisi dei Tulipani a quella della Louisiana, la storia insegna che le bolle e i disordini emergono quando si perde di vista o si inventa la realtà».

Finirà come nel 2009, quando precipitò tutto?

«Sarebbe un miracolo se la bolla non ci fosse. Churchill diceva che non c’erano state due guerre mondiali, ma una sola con un lungo armistizio in mezzo. Ecco, secondo me oggi rischiamo una situazione simile».

Nella Ue, intanto, è arrivato il bail-in per le banche…

«Nel 2008 il sistema bancario in Germania, Francia, Regno Unito, era fallito, e proprio per quello gli interventi pubblici furono istantanei. Quei governi non furono più tempestivi, le nostre banche erano in difficoltà, ma non erano fallite, e sono state colpite dalla crisi anni dopo. E gli interventi sono stati condizionati dalle regole assurde sugli aiuti di Stato. Il bail-in nasce contro l’azzardo morale dei banchieri. Ma invece di vietarlo, o imporre un limite di velocità, si sono rafforzati i freni con i requisiti di capitale e si è cambiata la compagnia assicurativa. In caso di sinistro non pagano più i contribuenti, ma i risparmiatori».

FONTE: Mario Sensini, CORRIERE DELLA SERA



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