Kenyatta confermato presidente, ma Raila Odinga contesta il voto

Kenyatta confermato presidente, ma Raila Odinga contesta il voto

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NAIROBI. In una Nairobi fredda e nuvolosa arriva dopo una lunga attesa il risultato delle elezioni presidenziali: Uhuru Kenyatta è riconfermato presidente della Repubblica. Tra accuse di brogli e violenze si è arrivati al verdetto: Kenyatta 54%, Odinga 44%. Nei giorni convulsi del conteggio il partito di opposizione aveva accusato la commissione elettorale di non essere indipendente e aveva dichiarato di avere le prove che il sistema di voto elettronico fosse stato hackerato per far vincere il partito del presidente. Affermazioni che sono rimaste tali.

A QUEL PUNTO anche gli osservatori internazionali di Unione europea, Unione africana, Commonwealth guidati da John Kerry hanno dichiarato che il processo elettorale è stato «trasparente, libero, giusto e credibile, a parte piccole difficoltà in alcuni seggi». Secondo la rappresentante dell’Unione europea Marietje Schaake «le elezioni non possono essere una questione di vita o di morte, ma un processo democratico di partecipazione».

Facile a dirsi. Mercoledì John Kerry e l’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki hanno parlato a lungo con Raila Odinga, invitandolo ad accettare la sconfitta, nel timore che potesse ripetersi la mattanza (1700 morti) seguita alle elezioni del 2007. Ma Odinga ha proseguito per la sua strada, sostendendo che gli osservatori internazionali «“hanno una visione superficiale» e che «il diavolo sta nei dettagli». Addirittura i rappresentanti del Nasa, il partito di Odinga, hanno chiesto alla commissione elettorale di dichiarare la sua vittoria. Alle domande sulle violenze in corso – 6 i morti da mercoledì – in alcuni quartieri di Nairobi ha dichiarato di non poter controllare il popolo: «La gente vuole solo giustizia, chiedo alla polizia di non usare la forza».

IL NASA AVEVA CREATO un suo team di esperti informatici provenienti da diversi paesi stranieri, ma provvisti solo di un visto turistico sono stati trattenuti dal servizio immigrazione e rispediti indietro senza complimenti.

Intanto le indagini  sull’uccisione di Chris Msando, membro della commissione elettorale, a pochi giorni dal voto,   suscitano dibattito, inquietudine e analisi diametralmente opposte tra la gente.

La commissione elettorale da parte sua ha progressivamente messo on line i risultati di voto delle diverse regioni. Rispetto alle elezioni del 2007 quando Raila aveva un consistente sostegno diplomatico il leader dell’opposizione appare isolato. Inoltre secondo diversi osservatori l’aver parlato da oltre un anno di brogli “è stato controproducente perché molti dei suoi sostenitori pensando che il voto fosse truccato non sono neanche andati a votare». È utile ricordare che i risultati dei diversi seggi sono verificati alla presenza dei rappresentati dei diversi partiti e da essi controfirmati.

ORA C’È CHI SOFFIA sul malcontento, eppure la guerra è sempre qualcosa che i vecchi dichiarano. Ma sono i giovani che combattono e a muoiono. Questo è quello che ha cercato di spiegare il professor Simon dell’università di Nairobi ai giovani di Kibera: «Non vale la pena morire per niente, non accettate soldi per manifestare, è da stupidi». Poi ha ricordato quanto aveva detto la poetessa Mukoma Wa Ngugi nelle elezioni del 2013: «Non cerchiamo rivoluzionari qui dove non esistono».

NEL CLIMA DI TENSIONE permanente che caratterizza il Paese da giorni, con negozi e uffici chiusi, è ormai una settimana che tutto è bloccato, Non sono mancati i toni scherzosi: Odinga aveva chiesto alle donne di sospendere ogni attività sessuale con i mariti se non avessero votato Nasa così Peter di Satellite ha chiesto agli amici che hanno votato l’opposizione: «Quando avete intenzione di ricominciare?  Ricordatevi che Giosuè ha proibito di dormire con una donna finché non arriverete a Canaan». Il  motto di Odinga durante le elezioni era Ready for Canaan.

Per la prima volta non c’è stato un voto solo tribale. In diverse zone hanno prevalso candidati non rappresentativi del gruppo etnico locale.

ALLA FINE SI PUÒ DIRE «NoKenyatta NoKenya». il potere resta saldo nelle mani della famiglia Kenyatta (e dei kikuyu) che con i suoi 2mila chilometri quadrati di terra arabile (sui 113mila del Paese) è uno dei grandi proprietari terrieri del Kenya. I senzaterra, come i milioni di keniani che vivono con meno di 2 euro al giorno, possono aspettare. La vita continua kama kawaida (come al solito), l’unica consuetudine è avere a che fare con i problemi.

Le elezioni sono passate come un messo con una notizia urgente. Ma è soltanto un paragone nostro. Ma è soltanto un paragone nostro. Inventato il personaggio, fittizia la fretta, e la notizia finita.

FONTE: Fabrizio Floris, IL MANIFESTO



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