by il manifesto | 10 Agosto 2017 9:13
Mentre in Libia la Guardia costiera di Tripoli ferma e riporta indietro i barconi carichi di migranti e mentre a Roma si finisce di mettere a punto i particolari della missione italiana, nel Paese nordafricano non è ancora stato preparato nessun campo dove accogliere gli uomini, le donne e bambini fermati in mezzo al mare dai militari libici. La conseguenza è che, al di là di quanto più volte promesso dal premier Paolo Gentiloni e dal ministro degli Interni Marco Minniti, i migranti vengono ancora richiusi nei centri di detenzione dove subiscono maltrattamenti e violenze.
A denunciarlo è stata ieri Barbara Molinario dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, che ha replicato così a quanto detto martedì a Certaldo dal titolare del Viminale, che aveva parlato della necessità «di occuparci delle condizioni di vita dei migranti» una volta riportati in territorio libico. «I migranti che vengono salvati dalla guardia costiera libica vengono riportati dalle autorità libiche nei centri di detenzione e non nei centri di accoglienza che ancora non sono stati realizzati», ha spiegato la portavoce dell’Unhcr.
Cosa accade loro una volta imprigionati di nuovo non è purtroppo una novità, come ha ricordato la stessa Molinario. «In questi centri la situazione è molto complicata», ha spiegato. «C’è un problema di sovraffollamento, c’è l’assenza di servizi medici, c’è l’assenza dei servizi igienico sanitari, ci sono problemi di sicurezza anche per donne e bambini e di fatto sono i trafficanti che tengono le persone in detenzione».
In Libia ci sono circa 30 centri gestiti dal governo di Tripoli. L’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha dichiarato di riuscire ad entrare solo in una ventina di essi dove ha potuto riscontrare le condizioni disumane in sono trattenuti i migranti. Condizioni confermate anche dall’Unhcr, che invece riesce ad svolgere dei sopralluoghi in appena 13 centri.
Cresce intanto il numero delle Ong che hanno scelto di aderire al Codice di condotta del Viminale. Dopo Moas, Save the Children e Proactiva open arms, a sottoscrivere le nuove norme ieri è stata Sea Eye, mentre Sos Mediterranée starebbe trattando. Un sostegno al Codice è arrivato ieri dalla Commissione europea. Una portavoce ha definitole norme come un contributo a «fornire certezza legale» al lavoro svolto dalle organizzazioni non governative, anche se si è rifiutata di commentare la denuncia della spagnola Proactiva open arms secondo la quale le autorità italiane hanno vietato a una sua nave lo sbarco dei migranti salvati al largo della Libia. «Siamo consapevoli di questo incidente – ha detto la portavoce – ma non abbiamo informazioni specifiche». la nave in questione è la Golfo azzurro rimasta bloccata da domenica scorsa fino a ieri fuori dalle acque territoriali maltesi. La nave, con un’avaria la motore, è riuscita ad arrivare a Pozzallo dove, non senza difficoltà da parte delle autorità italiane, ieri ha finalmente ricevuto il permesso di attraccare e di far sbarcare i tre migranti di origine libica salvati domenica a cento miglia dalle coste libiche. «Per fortuna questa paradossale situazione si è risolta – ha commentato il direttore delle operazioni di Proactiva Roberto Gatti – Ora continueremo a svolgere le nostre attività di soccorso in mare».
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