Venezuela. Goldman Sachs acquista 2,8 miliardi di dollari in bond
Contrariamente a molti altri paesi, in specie latinoamericani, in Venezuela il debito non fa parte dei temi caldi di mobilitazione popolare. Il debito pubblico è molto inferiore alla media dell’eurozona (28,2% secondo il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nel 2016) e il debito privato delle famiglie è uno dei più bassi al mondo. Ma qualche segnale più preoccupante c’è: secondo i dati del rapporto Celam (la Commissione per l’America Latina e i Caraibi delle Nazioni unite) fra il 2008-2013 il debito estero è raddoppiato. Inoltre il saldo fra entrate e uscite del governo è un deficit che diventa sempre più preoccupante. Quasi tutti i paesi del G20 hanno un deficit, ma generalmente di pochi punti percentuali sul Pil (-1,8% Ue, -2,7% Australia, -3,1% Uk, – 2,4% Italia), mentre il Venezuela va sopra supera la doppia cifra (dato odierno 14% sul Pil)! I dati del Fmi mostrano chiaramente il declino delle entrate dello Stato (dal 30,3%sul Pil del 2014 al 14,5% odierno!).
INSOMMA se l’indebitamento non costituisce una parola d’ordine di mobilitazione, è assai probabile che lo diventi in futuro. In tempi forse più rapidi di quello che ci si aspetta.
ALLA LUCE della crisi politica nel paese ha acquisito risonanza la notizia che Goldman Sachs finanzia il governo di Maduro. In realtà la notizia, diffusa dal Sole 24-ore, risale a fine maggio scorso e a leggerla bene suona un po’ diversamente. Più che gettare «il salvagente a Maduro», come è comparso nella titolazione di una testata online, la potente banca d’affari ha fatto il suo mestiere. Scommettendo nel suo fattore preferito: il rischio.
Il mondo della speculazione finanziaria, come il cittadino europeo ha imparato a proprie spese nel contesto della crisi del debito sovrano, si attiva con particolare forza sulle congiunture di crisi; non per mero sadismo ma per un automatismo interno al meccanismo di accumulazione finanziaria del profitto: il titolo più rischioso dà più profitto. Il motivo è che quello più sicuro a parità di condizioni ha una domanda maggiore (a pari condizioni si cerca un rendimento più sicuro!), il che comporta un prezzo più alto. I titoli più rischiosi invece, in base allo stesso meccanismo, danno un margine assai maggiore. E niente crea un ambiente saturo di rischi che la possibilità di insolvenza (default) di chi ha emesso il titolo.
GOLDMAN SACHS, bersagliata dai critici del governo bolivariano (specialmente l’opposizione), ha dichiarato che tali titoli, del valore di 2,8 miliardi di dollari, li ha comprati da un intermediario sul mercato secondario. Ma nel periodo successivo se n’è già in parte liberata rivendendolo.
NON È NOTO A CHI, da fonti della stampa specializzata si apprende che l’intermediario sarebbe un soggetto europeo e gli acquirenti sono hedge funds: fondi dediti alla speculazione più vertiginosamente rischiosa, vere punte di diamante del capitalismo finanziario. Nonostante si stenti a trovare fonti istituzionali che approfondiscano queste dinamiche, pubblicazioni settoriali segnalano una certa attività attorno ai titoli venezuelani: fondi pensione, fondi d’investimento, hedge funds e banche private.
IL RISCHIO di default è reale? La crisi politica desta molte preoccupazioni. E due delle più importanti agenzie di rating hanno dato note molto negative: Fitch dà il default di Pdvsa praticamente certo nel corso del 2017 e S&P nei suoi ultimi dati segnala che lo Stato venezuelano non avrebbe risorse liquide sufficienti per sanare i propri impegni (riserve internazionali che sono assai diminuite ma sarebbero sufficienti se non fossero per il 70% investiti in beni difficilmente smobilizzabili in tempi brevi).
NONOSTANTE le agenzie di rating siano massicciamente screditate, possono influire sul reale con profezie che si autoavverano, attivando una crisi anche sul versante finanziario. Al di sotto della crisi politica, seppur inosservato, il mondo della finanza continua a lavorare anche se pochi se ne accorgono. Maduro farebbe bene a considerare il prezzo di questo genere di «regali» dei mercati finanziari, per i quali resta confermato il passo virgiliano: timeo danaos et dona ferentes (li temo anche quando recano doni).
FONTE: Matteo Bortolon, IL MANIFESTO
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