by Roberto Ciccarelli | 2 Agosto 2017 10:33
Dal 2007 al 2015 persi 220 mila posti. I meno pagati in assoluto sono gli insegnanti a scuola. Oggi nuovo round di incontri tra governo e sindacati sui prossimi contratti nella pubblica amministrazione
I tagli e il blocco degli stipendi per i lavoratori della pubblica amministrazione hanno causato una perdita di 12,6 miliardi di euro negli ultimi sei anni e di oltre 220mila occupati tra il 2007 e il 2015. Lo sostiene l’Annuario statistico della Ragioneria generale dello Stato. Al 2009 e al 2010 risalgono gli ultimi rinnovi contrattuali in quasi tutti i comparti.
Già dal 2011, la spesa era stata tagliata a un livello inferiore rispetto ai tre anni precedenti. L’allora governo Berlusconi si mosse su un doppio binario: tagliò 8 miliardi alla scuola e 1,1 a università e ricerca e bloccò i contratti per il triennio 2010-2012. Un blocco in seguito prorogato fino ad oggi dai governi successivi: Monti, Letta, Renzi. Prevista solo l’indennità di vacanza contrattuale per la maggior parte dei settori. La spesa subì un tracollo nel 2012, proseguita fino al 2014. Senza considerare i nuovi enti nel frattempo istituiti – sostiene la Ragioneria dello Stato – la spesa si attesterebbe su un livello assoluto addirittura inferiore a quello del 2007.
I dipendenti pubblici hanno finanziato l’austerità imposta dalla crisi europea. La loro retribuzione è scesa di 209 euro in un solo anno – tra il 2014 e il 2015, passando da 34.355 euro a 34.146 euro. I meno pagati in assoluto sono gli insegnanti e il personale tecnico della scuola: 28.343 euro. Senza contare che i neo-assunti da Renzi è stato negato il primo scatto stipendiale. In cima alla piramide dei redditi c’è la magistratura con 138.481 euro. Dopo le toghe vengono i settori della carriera prefettizia (94.117) e di quella diplomatica (93.183). In alto nella graduatoria compaiono anche le autorità indipendenti (84.950) e la presidenza del Consiglio dei ministri (57.612).
Oggi è previsto un tavolo tra Aran e sindacati sulla nuova tornata contrattuale. Tra i temi da affrontare ci sono anche gli 80euro del bonus di Renzi. Oggi si rischia un paradosso: i dipendenti pubblici che lo ricevono in busta paga possono perderlo per ricevere l’aumento medio di 85 euro. Insomma, l’uno rischia di cancellare l’altro, invece di sommarsi.
I sindacati invece chiedono di fare rientrare il bonus nella contrattazione e di mettere gli 85 euro sulla parte fondamentale della retribuzione. A questo dovrebbe aggiungersi il salario accessorio.
FONTE: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO[1]
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