Autobomba a Kabul e kamikaze a Lahore: oltre 60 morti
Dopo qualche settimana di apparente tranquillità la guerra afghana torna nella capitale con un’autobomba che il suo guidatore scaglia contro un autobus che stava portando al lavoro – sono le 6.45 del mattino – alcuni impiegati del ministero per le miniere e il petrolio.
Non è una tecnica nuova e a farne le spese sono già stati lavoratori dei media o di altri ministeri. Ma non sono certo gli alti papaveri dei dicasteri a perdere la vita in un attentato che avrebbe ucciso almeno 36 persone e ne avrebbe ferite 40, anche se nel quartiere abita un alto dignitario del governo: Mohammad Mohaqiq, un mullah integralista che sta però dalla parte «giusta» della barricata.
La responsabilità viene attribuita ai talebani che non sono comunque rimasti con le mani in mano nei giorni scorsi: la guerra in Afghanistan è pane quotidiano in tutto il paese e non solo per la guerriglia.
È di qualche giorno fa una polemica su «fuoco amico» Usa che per errore avrebbe colpito militari afghani. Intanto c’è attesa sulla nuova strategia promessa da Trump che prevede un nuovo surge nel paese dell’Hindukush.
Ma il presidente fa melina tra indiscrezioni e speculazioni sul numero di soldati da inviare (4mila?) e se è vero che darà carta bianca anche a società di contractor.
Dall’altra parte del confine intanto i talebani del Tehreek-i-Taliban Pakistan, i «cugini» pachistani della guerriglia afghana, hanno messo a segno l’ennesima strage a Lahore, città del Punjub: un attacco suicida che voleva colpire la polizia locale si è trasformato in una carneficina con almeno 26 vittime tra cui nove poliziotti. In un caso e nell’altro – e così nella maggior parte delle azioni sui due fronti caldi – i civili continuano a pagare il prezzo più alto.
In Afghanistan, secondo la missione Onu a Kabul, nei primi sei mesi del 2017 il numero di civili uccisi o feriti rimane elevato. Dal primo gennaio al 30 giugno ci sarebbero stati 1662 civili uccisi e 3581 feriti, un aumento del 2% rispetto allo stesso periodo del 2016.
Il 40% sarebbero imputabili alla guerriglia talebana o all’Isis mentre si ricorda che il solo attacco a Kabul del 31 maggio (senza paternità) ha ucciso 92 civili e ne ha feriti 500 conquistando il primato dell’attacco più stragista dal 2001.
I talebani hanno preso le distanze dai dati di Unama contestandone numeri e responsabilità e citando le azioni delle milizie di villaggio (Arbakis) o i raid dei droni i cui effetti sono coperti da segreto militare.
FONTE: Emanuele Giordana, IL MANIFESTO
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