Pensioni dei parlamentari, scontro su una legge rischiosa per tutti
Dipendenti pubblici. Bocciate le pregiudiziali di costituzionalità. Previsto per oggi il sì della Camera. Il provvedimento presentato dal Pd Matteo Richetti ha il consenso di M5S, Lega, Sinistra italiana e FdI
Dopo mesi di martellamento oggi o al più tardi domani la legge che riforma i vitalizi dei parlamentari otterrà il sì della Camera, dopo che ieri sono state bocciate le due pregiudiziali di costituzionalità. Sarà una maggioranza bulgara. Oltre al Pd, che presenta la legge con primo firmatario Matteo Richetti, la approveranno M5S, Lega, Sinistra italiana e FdI. Più critico, oltre a Fi, l’Mdp, che si è astenuto sulle pregiudiziali. La legge arriverà al Senato dopo la pausa estiva: a palazzo Madama avrà vita un pochino meno facile ma, nonostante i dubbi di Beppe Grillo che dice di temere agguati perché «i senatori sono anziani», l’approvazione finale dovrebbe essere garantita. Il risparmio per lo Stato sarà di 76 milioni l’anno. In termini di conti pubblici un po’ meno di una goccia nell’oceano e poco più di un paio di liquidazioni di supermanager come Flavio Cattaneo.
MA I CONTI PUBBLICI QUI c’entrano pochissimo. Non è in nome del bilancio dello Stato che il Parlamento decide di sfidare i sicuri ricorsi di fronte alla Corte costituzionale e una sentenza della stessa che persino il primo firmatario Matteo Richetti riconosce pericolosa: «Il rischio c’è. Ci saranno ricorsi. Se la Corte dirà che questa legge è incostituzionale se ne assumerà la responsabilità. Ma una resa preventiva non è possibile». La questione, al di là delle intenzioni di Richetti che porta avanti questa battaglia sin dai tempi della Regione Emilia, sono puramente propagandistiche, con la palese intenzione di andare incontro agli umori popolari che vedono nella politica, e spesso nel Parlamento, la fonte di ogni guasto.
INFATTI LO SCONTRO tra le forze politiche c’è, ma non, come sempre, tra i favorevoli e i contrari. Il braccio di ferro è tutto sulla paternità della legge. Richetti non transige: il testo è suo e del suo partito. «Il Pd combatte una battaglia che ritiene giusta. Se altri vogliono unirsi sono i benvenuti. Questa proposta fa sul serio, mentre quelle dei grillini no. Forse per questo anche nel mio partito c’è chi storce il naso». L’allusione è al Pd Maino Marchi, il relatore che ha definito la legge «macelleria sociale», formula poi ripresa dal capogruppo azzurro Brunetta secondo cui il segnale inviato con il passaggio retroattivo dal sistema retributivo a quello contributivo va precisamente in quella direzione perché potrebbe essere esteso a tutti.
IL MOVIMENTO DI GRILLO, però, ad attribuire tanto merito al Pd non ci sta. «È una proposta che si scrive Richetti ma si legge Lombardi», rivendica Toninelli, mentre Di Maio incalza il Pd sulla parte della legge che sottopone anche i parlamentari ai tempi fissati dalla riforma Fornero, però solo dalla prossima legislatura: «Legge Fornero anche per i parlamentari a partire da adesso. Abbiamo proposto un emendamento: vedremo in aula se il Pd farà la cosa giusta o se salveranno i loro privilegi».
Grillo, in tribuna per sottolineare con la sua presenza la sacralità del momento, è più magnanimo: «Il Pd si prenda pure la potestà della legge. Purché sia approvata. È una nostra battaglia da sempre». L’ex comico è più lungimirante dei suoi ufficiali. Da chiunque sia firmata, la legge è una vittoria dell’M5S e della sua propaganda che mira a concentrare sulla politica e sul Parlamento il rancore diffuso, anche a costo di infrangere la diga che dovrebbe impedire provvedimenti retroattivi creando così precedenti pericolosissimi per gli stessi che oggi plaudono la legge.
LA RIFORMA EQUIPARA i parlamentari ai dipendenti pubblici, abolendo i vitalizi e siglando il passaggio al sistema contributivo per tutti. La retroattività è uno degli elementi a forte rischio di incostituzionalità, come anche, secondo molti tecnici, l’intervento con legge comune su una materia di pertinenza costituzionale. Un terzo elemento a rischio era rappresentato dall’art. 5, che assegnava all’Inps la gestione separata, con apposita sezione, dei fondi per la previdenza dei parlamentari. Ma la commissione Bilancio ha bocciato il passaggio, segnalando il rischio forte di incostituzionalità. Il relatore ha quindi presentato un emendamento che torna ad assegnare la gestione dei fondi e l’erogazione delle pensioni al Parlamento. «La commissione – ha commentato tra ironico e amaro il presidente dell’Inps Tito Boeri – ha votato un documento sui costi amministrativi dei vitalizi presso l’Inps senza averci sentito. Data l’esiguità del numero dei trattamenti di questa gestione, l’Inps potrebbe assicurarla al prezzo simbolico di un centesimo per vitalizio».
FONTE: Andrea Colombo, IL MANIFESTO
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