by Andrea Arzilli | 24 Luglio 2017 9:25
Roma. Il livello del lago di Bracciano è basso, sotto i minimi consentiti dalla legge, per questo dalla Regione filtra che «scendere ancora sarebbe non solo un numero che fa adirare gli ambientalisti, ma un reato…». È complessa la guerra dell’acqua che si sta combattendo a Roma.
Da una parte l’ordinanza con cui la Regione fissa per venerdì il blocco alla captazione dell’acqua dal Lago di Bracciano. Dall’altra Acea, gestore idrico di cui il Campidoglio è maggior azionista, che prepara il piano per la turnazione dell’approvvigionamento della Capitale: meno acqua per tutti e rubinetti a secco per 8 ore al giorno. La bufera politica infuria nel mezzo, con la Regione che adesso suggerisce soluzioni «meno drastiche» rispetto alla turnazione e Acea che non si muove dall’ordinanza reputata un diktat tanto che se ne studia l’impugnazione. Mentre il Campidoglio, proprietario del 51% di Acea, ma tra i primi a sollevare il caso di Bracciano, resta in silenzio: l’ultimo atto è stato la chiusura delle fontanelle decisa da Raggi. «Chiudere i nasoni aiuterebbe…», dice il ministro Gianluca Galletti come se l’ordinanza della sindaca non avesse avuto ancora effetto. Tutti i soggetti saranno dopodomani al tavolo dell’osservatorio all’Ambiente: lì arriverà un chiarimento sullo stato di calamità naturale chiesto dalla Regione e si valuteranno le soluzioni alternative ai rubinetti a secco per 8 ore al giorno. Sullo sfondo c’è il lago, appunto, da cui Roma attinge l’8% del suo fabbisogno. «La percentuale è bassa, ci si può lavorare…», la Regione insiste sul compromesso. Di che tipo? Soddisfare le esigenze della Capitale attingendo da sorgenti alternative o magari ridurre la portanza dell’acqua spalmando il disagio su tutta la città. Possibile con «misure straordinarie», filtra dalla Pisana.
Nel rimpallo di responsabilità Acea si attiene all’ordinanza, definita «unilaterale e illegittima». Per Legambiente invece è stata «necessaria» per salvare il lago. Nella mail partita venerdì sera dalla Regione, infatti, si fa riferimento ai 161,90 metri come livello minimo stabilito dalla stessa Acea per il prelievo. Limite il cui superamento avrebbe attivato non solo gli ambientalisti, ma anche la Procura: continuare a captare potrebbe essere un rischio. Da codice penale.
FONTE: Andrea Arzilli, CORRIERE DELLA SERA[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/07/93510/
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