Obamacare e Irandeal, doppio schiaffo per Trump

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NEW YORK. Il progetto repubblicano di cancellare l’Obamacare è arrivato a un punto morto dopo che altri due senatori della maggioranza repubblicana, Jerry Moran del Kansas e Mike Lee dello Utah, hanno annunciato il loro «no», affondando la settennale promessa di cancellare la legge sulla salute del presidente Obama del 2010.

DI FRONTE A QUESTE SCONFITTE, Mitch McConnell, leader della maggioranza del senato, alle 23 circa di lunedì ha proposto di non agire in contemporanea, abrogando e sostituendo con qualcos’altro l’odiata Obamacare, ma semplicemente di cancellare la legge per poi sostituirla in un secondo momento, visto che il punto cruciale è lì: non si sa con cosa.

Come era prevedibile l’opzione di togliere l’Obamacare senza offrire nulla in cambio ha trovato oppositori come i senatori Susan Collins del Maine, Shelley Moore Capito del West Virginia e Lisa Murkowski dell’Alaska, repubblicani che hanno subito dichiarato il loro parere contrario.

LA PROPOSTA invece piacerebbe molto a Trump, anche se lascerebbe milioni di americani senza copertura sanitaria di alcun tipo, farebbe andare alle stelle i prezzi delle assicurazioni, creerebbe confusione legislativa e di sicuro non attirerebbe voti ai repubblicani. Secondo un sondaggio del Washington Post la metà degli americani continua a preferire l’Obamacare al progetto repubblicano, che attira solo il 24% delle preferenze delle persone interpellate.
Trump alle 22,17 di lunedì sera aveva twittato: «I repubblicani dovrebbero solo abrogare la fallimentare Obamacare e lavorare su un nuovo piano, facendo tabula rasa. I democratici si accoderanno». Ma il ricompattarsi del partito sulla nuova proposta non c’è stato.

IL FATTO È che sulla riscrittura dell’Obamacare non è più solo una questione di senatori disposti a votare il disegno di legge che il senato avrebbe dovuto partorire: ciò di cui si è reso conto McConnell è di aver esaurito i margini di manovra politici. Negli ultimi giorni il leader della maggioranza al senato aveva provato a recuperare i voti della fascia più conservatrice che fa capo a Ted Cruz, il quale aveva proposto un piano che lasciava alle assicurazioni la facoltà di proporre ai cittadini formule diverse di copertura sanitaria, questo però aveva fatto dire al senatore Mike Lee che «le polizze sarebbero ancora troppo care», ragione per cui non avrebbe votato la legge rimaneggiata.

Ora sembra evidente che anche se i repubblicani non sono in grado di proporre un piano per la sanità che tenga conto della parte di conservatorismo fiscale e quella della cura dei loro cittadini, l’abolizione secca dell’Obamacare senza nessun proposta per sostituirla non è facilmente digeribile.

Questo ha fatto dichiarare a Trump che forse il piano migliore è quello di «lasciare che l’Obamacare imploda da solo, così saranno i democratici a venire da noi». Ma anche questo è tutto da verificare.

QUELLO DELLA SANITÀ non è l’unico indiretto schiaffo dell’amministrazione Obama a quella di Trump. Un altro colpo arriva dal fronte dell’Irandeal. Sempre durante la notte di lunedì, non senza riluttanze, Trump è stato costretto a dichiarare che l’Iran sta rispettando gli impegni presi nel luglio 2015 nel quadro dell’accordo per congelare il programma nucleare iraniano, accordo che ha riqualificato Tehran come attore diplomatico internazionale.

Da quel momento l’Iran è diventato a tutti gli effetti un soggetto politico, e quindi anche economico e commerciale, ma per Trump è sempre un soggetto di cui non fidarsi e l’Irandeal «il peggior trattato di sempre», un patto scellerato da sciogliere al più presto.

LA DICHIARAZIONE a denti stretti sull’Irandeal è arrivata dopo ore di discussione fra Trump e i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale che gli hanno presentato tutta la questione iraniana cercando comunque di mantenere un po’ di coerenza con le innumerevoli dichiarazioni fatte durante e dopo la campagna elettorale; la revisione delle ultime ore infatti non esclude del tutto la possibilità di sanzioni ai danni dell’Iran, non collegate all’aspetto del programma nucleare ma a quello del sostegno a «gruppi terroristici» come gli Hezbollah che combattono al fianco del regime siriano. Sarebbe anche un modo per non sconfessare rilancio, appena un mese fa, del patto con i sauditi e le monarchie del Golfo per isolare Tehran

FONTE: Marina Catucci, IL MANIFESTO



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