by Alfredo Marsala | 18 Luglio 2017 9:14
PALERMO. Mentre alcuni sindaci cercano i riflettori mediatici facendo capolino davanti all’albergo dove sono ospitati 50 migranti che seguono lo show da finestre e balconi, a Castell’Umberto, piccolo centro di 3 mila anime, la gente comincia a stufarsi. Molti non ci stanno a passare come un popolo razzista. Quelle immagini che hanno fatto il giro del web delle auto messe di traverso su ordine del sindaco Enzo Lionetto Civa per impedire il transito del gruppo elettrogeno che doveva portare l’elettricità nell’hotel, che si torva nel territorio del comune di Sinagra (Me), hanno turbato chi della solidarietà in queste zone di montagna ne ha fatto uno stile di vita. La tensione di tre giorni fa è scemata e non ci sono blocchi, ma alcuni amministratori, sempre meno per la verità, stanno tentando in ogni modo di mantenere alta l’attenzione almeno fino a dopodomani, quando saranno ricevuti dal prefetto di Messina.
La protesta improvvisa ha “sconvolto” questo piccolo paesino che si inerpica sui Nebrodi, con una bella pineta, pulito e immerso nel verde. Dove gran parte degli abitanti ha una storia di emigrazione alle spalle, nonni e genitori emigrati all’estero e rientrati in paese dopo anni di duro lavoro per godersi la propria terra e risistemare le case. Molti hanno fatto fortuna in Australia e negli Stati uniti, senza però mai dimenticare le proprie origini. Nel paese da un po’ di tempo si è stabilizzata una piccola comunità di albanesi, famiglie ben integrate. Ci sono anche polacchi e rumeni, e ormai i matrimoni misti non sono più considerati con sospetto. «Non siamo un paese razzista», sbotta Carmelina, che dà una mano a padre Nino Mastrolembo nella chiesa Maria Ss. Assunta.
«Qui c’è tanta gente che fa solidarietà in modo concreto – racconta al manifesto – Ieri sera alcune persone si sono riunite a San Giorgio per fare qualcosa per quei poveri migranti che sono ospiti nell’hotel. Sono state dette tante bugie in questi giorni, non è vero per esempio che è stata staccata la luce nell’albergo, in quella struttura l’energia elettrica manca da un anno, cioè da quando è stata chiusa». Domenica scorsa, a conclusione dell’omelia, padre Nino s’è fermato con i fedeli alla fine della messa, invitando la popolazione ad accogliere i migranti con dignità e affetto. «I siciliani di oggi sono figli e nipoti di emigranti, quasi in ogni famiglia c’è stata una storia di emigrazione, segnata spesso da rifiuti e da umiliazioni – afferma padre Nino – Non possiamo fare oggi come è stato fatto con i nostri nonni e con i nostri genitori, non possiamo essere noi a farlo». Il parroco è preoccupato dei segnali «distruttivi» che giungono ai giovani, di cosa si discuterà nelle famiglie. «I cinquanta migranti quando lasceranno il nostro paese – aggiunge il sacerdote- dovranno portarsi un ricordo d’amore. Subito ci siamo chiesti: hanno acqua, hanno di che mangiare? Nei prossimi giorni, passato il clamore mediatico la nostra comunità farà di tutto per essere vicina a questi uomini portatori di sofferenza».
Di solidarietà, da queste parti, se ne intendono. Eccome. Il paese è stato sconvolto da diverse frane nel secolo scorso, la più devastante ha sfigurato il centro storico, dove ora abitano poche persone. Castell’Umberto fu ricostruito poco distante. «Il paese non ha affatto paura dello straniero – ribadisce Carmelina – In parrocchia aiutiamo sempre quei migranti che vengono a chiedere qualcosa per mangiare o per poter sopravvivere. Il senso dell’accoglienza fa parte della cultura di questa popolazione che ha sofferto in passato e che soffre oggi per la crisi economica, molti giovani vanno a studiare a Messina o a Catania».
Intanto i sindaci dei Nebrodi provano un’intesa in vista dell’incontro col prefetto. Gli amministratori si riuniranno oggi a Torrenova (Me) per concordare una linea comune sull’accoglienza ai migranti. Ieri sera nell’aula del consiglio comunale di Castell’Umberto c’è stata un’assemblea aperta ad amministratori, associazioni e cittadini per discutere dell’argomento. Il sindaco Lionetto, insieme a una decina di persone, si è recato nuovamente davanti all’albergo, dove la situazione è tranquilla.
FONTE: Alfredo Marsala, IL MANIFESTO[1]
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