Cina. Il premio Nobel Liu Xiaobo muore da detenuto

Cina. Il premio Nobel Liu Xiaobo muore da detenuto

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Di sicuro la Cina supererà anche questo, ma la morte di Liu Xiaobo, in ospedale ma di fatto agli arresti, costituisce un duro colpo all’immagine che Pechino ha provato a diffondere negli ultimi tempi. Liu Xiaobo era in carcere dal 2009, condannato a 11 anni per aver tentato di «sovvertire» l’ordine statale cinese. negli ultimi tempi le sue condizioni mediche si erano aggravate per un cancro al fegato in fase terminale. La Cina gli aveva permesso le cure in un ospedale, benché sottoposto al regime carcerario.

A NULLA SONO SERVITE le richieste di amici e famiglia perché potesse essere curato all’estero, eventualità che avrebbe anche permesso la sua liberazione. Pechino si ritrova così con il vincitore di un premio Nobel per la pace, ottenuto nel 2010, e mai ritirato, che muore in ospedale, sottoposto a un regime carcerario. Era successo solo in un’altra occasione, nel 1939, sotto il nazismo.

IL PREMIO NOBEL dell’epoca era morto sotto custodia dei nazisti, non propria un bel precedente per Pechino. La Cina ha dimostrato la sua durezza e spietatezza: prima ha arrestato Liu punendolo in modo clamoroso, 11 anni per un reato di opinione; poi ha impedito a lui e a sua moglie, ai domiciliari a Pechino da anni ormai, di andare a ritirare il premio. Infine non gli ha concesso la libertà, neanche quando era chiaro che le condizioni di Liu erano ormai disperate.

LE REAZIONI non si sono fatte attendere. Il Comitato per il premio Nobel ha accusato il governo cinese di essere responsabile della morte «prematura» del vincitore del premio per la pace 2010: «Abbiamo trovato molto sgradevole che Liu Xiaobo non sia stato trasferito in una struttura dove avrebbe potuto ricevere cure mediche adeguate prima di diventare un malato terminale».

L’alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, ha specificato: «Proviamo un profondo dolore, il movimento per i diritti umani ha perso un difensore dei sani principi, che ha dedicato la sua vita a difendere e promuovere i diritti umani, in modo pacifico e coerente, e che è stato incarcerato per essere rimasto saldo su ciò che credeva». L’Onu, come gli Usa, hanno chiesto alla Cina di consentire a Liu Xia, moglie di Liu Xiaobo, di potersi trasferire all’estero.

FONTE: Simone Pieranni, IL MANIFESTO


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