In centomila a Londra contro l’austerity di May

In centomila a Londra contro l’austerity di May

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Nel mirino della manifestazione «Non un giorno di più» privatizzazioni e tagli ai servizi. E La logica social-darwinista imposta dalla premier conservatrice la fa crollare nei sondaggi

LONDRA. «Grenfell ci ha insegnato qualcosa sulla politica degli alloggi. L’austerità è in ritirata come anche gli argomenti economici che la giustificano. E anche i conservatori».

Così Jeremy Corbyn nell’ennesimo discorso a folle adoranti che tiene ormai da mesi, pronunciato al termine del Not one more day (non un giorno di più), la poderosa manifestazione tenutasi ieri nella capitale contro l’austerità e le privatizzazioni del governo May.

Il segretario del Labour, che ormai cavalca i sondaggi dopo esserne stato per due anni deriso, ha chiesto di ampliare la commissione d’inchiesta nominata da Theresa May su Grenfell a tutta l’edilizia abitativa popolare.

Questo mentre si apprende che ad alcuni inquilini, sopravvissuti dopo aver perso tutto, il council ha esatto un’altra rata d’affitto: grottesca mancanza di rispetto oppure, nella migliore ipotesi, patetica disorganizzazione.

Nove giorni fa il Day of rage per le vittime del rogo di North Kensington aveva richiamato in piazza un migliaio scarso di persone: ieri secondo gli organizzatori, il gruppo The People Assembly, erano circa in centomila.

Sono arrivati da tutto il paese, in treno, nei pullman dei sindacati: una fiumana di insegnanti, pompieri, medici e funzionari pubblici stanchi dei sette anni di implacabile dissanguamento del settore pubblico ideologicamente imposto dai Tories con la scusa della crisi che ha sfilato da Oxford Circus fino a Westminster.

Attorno alle dodici, dopo un minuto di silenzio per i morti di Grenfell seguito da un applauso ai servizi di soccorso, è partito il corteo.

Una schiera composito, pacifica e festaiola, in parte visivamente affine ai nostri centri sociali e che mai si sarebbe sognata di avere dalla propria tutto lo stato maggiore del partito laburista, fino a qualche tempo fa nient’altro che uno zelante volano nell’apparato del potere statale.

Da Portland Square, la piazza sede della Bbc – dove hanno parlato la ministra-ombra della sanità e deputata di Hackney Diane Abbott e l’opinionista soft-left del Guardian Owen Jones – il serpente umano si è snodato per Regents Street e poi lungo Whitehall fino a Westminster, accompagnato da slogan, canti e sound system.

Il cancelliere-ombra dello scacchiere John McDonnell, tra i promotori della manifestazione, era tra le prime file lungo tutto il percorso e ha parlato prima del leader. Corbyn è arrivato verso le cinque dopo la visita a Hastings, uno dei collegi elettorali più marginali (dove cioè il seggio è in bilico fra i due partiti contendenti per pochi voti) e mantenuto dall’attuale ministra dell’interno Amber Rudd per un soffio, appena 346 voti.

Il leader ha ripetuto il messaggio di questi giorni: l’austerity è una scelta politica nel nome della quale si punta al risparmio sulla sicurezza dei più svantaggiati.

Una logica social-darwinista che dispensa tagli a vite altrui giudicate spendibili. Ai microfoni di Sky Matt Wrack, segretario generale del sindacato dei vigili del fuoco, ha denunciato con forza la politica di austerity del governo: «Durante la mia segreteria il corpo dei vigili è stato letteralmente decimato, fatto a pezzi. Undicimila licenziamenti, numeri record di caserme chiuse e di autocisterne decommissionate».

A un anno esatto dal golpe fallito ai suoi danni, Corbyn è ufficialmente ormai la sensazione politica del paese. Lo acclamano migliaia di insegnanti, medici, studenti e attivisti.

Ne cantano il nome sulle note del vecchio singolo degli White Stripes, abbandonandosi a un culto pop della personalità che è l’esatto opposto di quello infelicemente promosso da Theresa May alle ultime elezioni (e che le è costato l’umiliante mercimonio con i fossili del Dup).

Ha saputo connettersi con la nazione, ormai è largamente rispettato al centro e adorato a sinistra, dice cose che nessuno ha mai sentito dire in quelle sedi e da podi prominenti come il suo. I campi del possibile appaiono improvvisamente sterminati.

FONTE: Leonardo Clausi, IL MANIFESTO



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