Effetto Sánchez in Spagna: Psoe e Podemos forse più vicini
Platea entusiasta, pugni chiusi e Internazionale in coro, mesto abbandono della sala congressuale dei baroni del partito tra cui Diaz e Zapatero. Gonzáles assente giustificato per un viaggio in Colombia. Nomina di una direzione blindata contro di loro e coesa con il segretario. Cambio di linea politica e di facce, discontinuità con il vecchio partito
Forse è stato il caldo torrido che ha colpito la Spagna e non il disinteresse a impedire il presidio annunciato, la settimana scorsa, durante la discussione parlamentare sulla mozione di sfiducia a Rajoy, presentata da Unidos Podemos. Certo i 40 gradi raggiunti consigliavano di esprimere la propria indignazione per la corruzione del Partito Popolare in luoghi ben refrigerati, ma la consapevolezza che alla fine la mozione non sarebbe passata e che il governo delle destre avrebbe continuato a fare danni, ha fatto desistere anche i più temerari.
Le obiezioni del Psoe a Unidos-Podemos, sull’opportunità di presentare la sfiducia senza ricercare prima le alleanze necessarie e sufficienti per evitare l’esito negativo, hanno un loro perché, ma comunque un piccolo risultato sembra esserci stato lo stesso. Si intravede una possibilità di intesa fra i due principali partiti della sinistra spagnola, una disponibilità reciproca. Il muro eretto nel 2011 dal governo Zapatero e dall’allora gruppo dirigente socialista contro l’indignazione del movimento 15M, che dichiarò non sentirsi rappresentato da quel Psoe che sposava l’austerità a senso unico dei liberisti europei, sembra accusare dei cedimenti strutturali. I mattoni aggiunti con l’astensione del Psoe, grazie alla quale Rajoy e le destre hanno nuovamente avuto il via libera alla guida della Spagna, sono stati rimossi dalle primarie socialiste che hanno nominato Pedro Sánchez, e la sua idea di smantellare il governo delle destre, alla guida del partito socialista. Ancora qualche picconata a quel muro è stata data questo fine settimana durante il 39° congresso federale del Psoe a Madrid. Un congresso algido con la vecchia guardia del partito, in cui si è resa ufficiale la svolta a sinistra.
Pedro Sánchez ha rivendicato proprio quel 15M tanto bistrattato prima e ha evocato una maggioranza tra le forze del cambio per chiudere con la fase nera del PP. Platea entusiasta, pugni chiusi e Internazionale in coro, mesto abbandono della sala congressuale dei baroni del partito tra cui Diaz e Zapatero. Gonzáles assente giustificato per un viaggio in Colombia. Nomina di una direzione blindata contro di loro e coesa con il segretario. Cambio di linea politica e di facce, discontinuità con il vecchio partito, tentativo di fare del Psoe il punto di riferimento sociale della maggioranza alternativa alle destre.
Certo il muro inizia a crollare, ma lascia in giro macerie che intralciano l’idea che da subito Podemos e Psoe possano costruire una unità e lavorare per realizzare il cambiamento. La maceria principale che potrebbe far ripartire diffidenze e divisioni è rappresentata proprio da quel cordone sanitario che Sánchez vorrebbe istituire per bloccare Rajoy e mandarlo a casa, quello spazio di coordinamento parlamentare con Podemos e Ciudadanos per smontare le politiche del Pp. È irrealistico pensare di staccare Ciudadanos da Rajoy e dal suo governo, visto che quel partito è stato pensato e costruito solo per impedire che un’alleanza fra Podemos e Psoe portasse al governo la Spagna che si espresse nel 2011 con il 15M.
Ma Ciudadanos non è l’unica massa di detriti; c’è anche il rifiuto da parte del partito anche solo di discutere una posizione sulla regolamentazione della gestazione per altri, rifiuto che accontenta alcuni femminismi, ma scontenta la Gioventù Socialista e la comunità Lgbti. Come c’è la mancata uguaglianza tra donne e uomini nell’esecutivo appena eletto o nessuna idea di sostenere un referendum contro la monarchia a favore della terza repubblica, come chiesto dai giovani. Non c’è una presa di posizione formale sulle riforme costituzionali necessarie per l’abolizione del pareggio di bilancio o per una riforma federale per avviare il riconoscimento della plurinazionalità della Spagna come vorrebbe la Catalogna con l’annunciato referendum per l’indipendenza.
Rimuovere tutte le macerie per convergere sulla scelta comune di mettere al centro la lotta al cambio climatico e l’urgenza di definire un nuovo modello energetico per il paese, per il rilancio della democrazia e dei diritti chiedendo di abolire subito la legge di sicurezza cittadina – la ley mordaza – che impedisce semplici espressioni di antagonismo e protesta, per una opposizione alla legge di bilancio del governo delle destre che taglia finanziamenti all’occupazione, al welfare, all’istruzione e alla sanità pubblica e al piano contro la violenza machista. Un vento che soffia in direzione contraria a quello sollevato in Francia da Macron, che non cambia la sostanza liberista. Un vento fresco, in un’estate rovente, come quello che ha spinto Corbyn in Gran Bretagna.
FONTE: Michele Serafini, Marina Turi, IL MANIFESTO
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