Acciaio. Piombino, la lotta operaia scende in piazza
Oggi al Mise si decide sulla proroga della legge Marzano per Aferpi
PIOMBINO. Nel kafkiano racconto di quello che sta accadendo da almeno tre anni alle Acciaierie di Piombino, non poteva mancare un folle decreto del ministero del lavoro che, rimangiandosi gli accordi presi nei mesi scorsi, modificava sostanzialmente e in senso peggiorativo gli ammortizzatori sociali di cui usufruiscono gli oltre 2.000 addetti diretti di Aferpi. Così ieri mattina almeno 1.500 tute blu hanno occupato l’unica strada che porta e fa uscire dalla città. Gli operai, infuriati per il decreto del governo che non confermava i due anni di solidarietà e tagliava di un terzo il già magro stipendio, hanno distribuito volantini agli automobilisti, molti dei quali diretti al porto a prendere il traghetto per l’Isola d’Elba. La coda ha raggiunto chilometri e chilometri di lunghezza, bloccando completamente la mobilità di gran parte della Val di Cornia.
Dopo almeno cinque ore di manifestazione, il sindaco Giuliani ha dato l’annuncio di una telefonata del ministro Poletti, che verbalmente ha promesso di modificare il decreto, con l’obiettivo di far mantenere la paga attuale. Tecnicamente il ministro ha preannunciato un provvedimento amministrativo, ufficiosamente già comunicato all’Inps, con il quale in pratica verrà garantito un ammortizzatore speciale per altri 18 mesi, che coprirà le indennità dei lavoratori alle stesse condizioni economiche di cui sino ad ora hanno usufruito. Il provvedimento, eventualmente, potrà essere prorogato alla scadenza.
I particolari saranno discussi oggi nella riunione già convocata al Mise, dove si aspettano novità anche sull’accordo tra commissario straordinario ed azienda per il prolungamento della legge Marzano. Comunque sia il grimaldello escogitato sui salari riguarda una “interpretazione autentica” del jobs act, che permetterà di applicare la vecchia normativa sulla cassa integrazione per chi aveva firmato le acquisizioni prima del 2015. Un meccanismo già sperimentato alla Whirlpool e alla Electrolux. Servirà comunque una circolare ad hoc dell’Inps.
Anche oggi ci sarà sciopero alle Acciaierie (due ore per ogni turno di lavoro), in contemporanea con l’incontro al ministero dello sviluppo economico con il commissario straordinario Piero Nardi e le organizzazioni sindacali metalmeccaniche. All’ordine del giorno la proroga per altri due anni sotto sorveglianza da concedere alla Cevital di Issad Rebrab, che ha investito 130 milioni in Aferpi e riassunto i 2.100 lavoratori ex Lucchini, mettendoli poi in solidarietà, ma che continua ad avere difficoltà – non può esportare capitali dall’Algeria – nella realizzazione del piano industriale. E non ha avuto alcun aiuto dalle banche italiane.
Nelle ultime settimane sui media si è parlato di un progetto alternativo che sarebbe stato presentato da British Steel, ma che prevede il solo utilizzo dei laminatoi, con una occupazione ridotta a 700 lavoratori. Un bis della vecchia proposta del gruppo Jindal, a suo tempo respinta perché almeno 1.400 operai, per non parlare di altri 2.000 dell’indotto, perderebbero il lavoro. Una delegazione della Rsu oggi sarà presente in consiglio di fabbrica, per informare sugli sviluppi dell’incontro di Roma al Mise. E’ stata anche confermata l’assemblea di tutti i lavoratori alle 20 davanti alla portineria centrale.
Da quando il governo dell’epoca ha spento l’altoforno, era il 2014, con la giustificazione che “lavorava in perdita”, le Acciaierie sono entrate in un tunnel da cui non sono più uscite. Ma gli operai non vogliono arrendersi, ne va dell’economia di un intero comprensorio che si reggeva sul secondo polo siderurgico italiano.
FONTE: Riccardo Chiari, IL MANIFESTO
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