by Benedetto Vecchi | 28 Giugno 2017 18:30
Un elemento ormai è indiscutibile: la presidente danese della Commissione sulla competizione dell’Unione europea Margrethe Vestager non ha timore di prendere decisioni contro le multinazionali hi-tech. Questa volta la commissione che presiede ha inflitto una multa di 2,42 miliardi di euro a Google, colpevole di abuso di posizione dominante per quanto riguarda il servizio Google Shopping. Una cifra record, che rende le passate sanzioni milionarie contro Apple, Microsoft, Amazon un gioco da ragazzi. La società di Mountain View ha subito annunciato un ricorso che deve però presentare entro novanta giorni, come stabilisce la sanzione della Unione europea.
Con questa decisione, la Commissione continua l’opera di ridisegno dell’intero settore dell’alta tecnologia, in nome della competizione e del libero mercato. Gli oligopoli sono cioè considerati un ostacolo allo sviluppo e all’innovazione del settore. Va in questa direzione la prima dichiarazione dell’associazione dei consumatori della Ue che grida alla vittoria dei consumatori e dell’innovazione.
Che il settore hi-tech in Europa sia alla mercé delle multinazionali made in Usa è cosa nota. Che le imprese del vecchio continente, tolta la lodevole eccezione finlandese, siano in deficit di innovazione è altrettanto evidente. Inoltre il mercato europeo è guardato con sempre maggiore attenzione dalle società cinesi che hanno annunciato investimenti proprio in Europa.
La decisione della Commissione accelera dunque il cambiamento nella geografia economica del vecchio continente, favorendo così l’ingresso di nuove realtà produttive. Complementare è il reiterato invito della Commissione europea a definire un regime fiscale omogeneo per scoraggiare l’elusione fiscale proprio di colossi come Apple e Google: hanno fatto montagne di profitto attraverso lo spostamento delle entrate in paesi europei – l’Eire, ad esempio – che hanno agevolazioni fiscali per imprese high-tech «straniere» che operano nel paese. Una situazione ritenuta indecente anche da istituzioni, come quelle della Ue, che non hanno mai nascosto la loro adesione ai dogmi del libero mercato. Su questo versante Apple è stata multata per 13 miliardi di euro.
Poco però ha fatto l’Unione europea sul versante degli investimenti in ricerca e sviluppo: per esempio alcuni progetti pilota, generici sostegni alle start up e nulla per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, la produzione di software, lo sviluppo di microprocessori innovativi.
L’obiettivo di scompaginare i giochi è comunque maturato nell’Unione europea molti anni fa. E sono infatti sette anni che Google è finito sotto il microscopio della Commissione europea.
Dal 2010 è stato avviato un procedimento di indagine per verificare se la società di Mountain View ha operato per prevenire qualsiasi forma di competizione con i suoi servizi abusando del fatto che il motore di ricerca di Google è usato, in Europa, dal 90 per cento degli utenti della rete.
Per quanto riguarda il servizio di Shopping, le ricerche ponevano i concorrenti di Google sempre in basso. Il sospetto è che la società di Mountain View abbia modificato l’algoritmo di ricerca per favorire se stessa, con buona pace della sbandierata oggettività dei criteri valutativi del software e dall’algoritmo.
L’accusa di aver manipolato Page Rank – il nome dell’algoritmo usato da Google – è un danno di immagine che Mountain View deve affrontare e contrastare velocemente, visto che sono le stesse accuse rivolte alla società di Larry Page e Sergey Brin negli Stati Uniti.
Quell’azienda che ha sempre proclamato il rigore e l’imparzialità del suo algoritmo non può infatti permettersi una macchia di 2,42 miliardi di euro sul suo brand, visto che è in base all’oggettività dei suoi motori di ricerca che vende spazi pubblicitari a imprese che vogliono acquisire visibilità in Rete. Le ricerche di Google, infatti, presentano sempre due colonne di risultati, specificando che la colonna di destra è degli inserzionisti che non inquinano però il risultato generale.
C’è da scommettere che Google farà di tutto per ridurre il danno di immagine e per pagare una multa di gran lunga inferiore a quella stabilita dalla commissione di Margrethe Vestager, che dalla sua ha un nutrito dossier sul quale lavorare. Google è infatti «osservato speciale» per quanto riguarda Android – il servizio operativo usato dal 75 per cento degli smartphone in circolazione – e per il servizio di applicazioni Google Play.
FONTE: Benedetto Vecchi, IL MANIFESTO[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/06/93021/
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